domenica 11 agosto 2013

The White Queen: 1x08




Diabolico e spietato, Riccardo III d'Inghilterra è uno dei villain più famigerati della vastissima produzione Shakespeareana, pronto a rivivere in tutta la sua perfidia fra cinema e teatro nelle memorabili interpretazioni di Sir Laurence Olivier, Sir Kenneth Branagh, Sir Ian McKellen e molti altri.

La storia, quella vera e non quella dettata da chi raccolse la corona sul campo di battaglia di Bosworth, sembra aver però conosciuto un altro Richard, mosso senza dubbio da un'ovvia ambizione personale ma non mostruoso e tirannico come vorrebbe farci credere la leggenda nutrita dall'imbattibile scrittura del Bardo: senza entrare nel merito di puntuali studi e ricerche specialistiche e rimanendo nel piccolo meraviglioso mondo della serialità, è quanto mai interessante che come già accaduto in The Tudors della Showtime qualche anno fa col personaggio "Bloody" Mary Tudor, una serie di intrattenimento come The White Queen sia riuscita con successo a riscattare o per lo meno a restituire spessore e umanità al temibile "King in the Car Park",  com'è stato graziosamente soprannominato l'ultimo sovrano degli York dopo il ritrovamento dei suoi resti sotto un parcheggio a Leicester.

A segnare l'ascesa di Richard, interpretato con sempre maggiore carisma e fascino dal gallese Aneurin Barnard è "Long Live The King", ottavo episodio della serie bbc che segna il tramonto definitivo del Regno di Edoardo IV(Max Irons) e l'inizio di una nuova stagione di conflitti che porterà il clan degli York all'autodistruzione: dopo un lieto inizio che riunisce il Re la Regina e i loro numerosi figli intorno a una bella tavola ricordandoci il numero spropositato di anni trascorsi off screen, la tragedia si abbatte rapidamente sul conciliante quadretto familiare rivelando un Edward febbricitante e distrutto, ormai prossimo alla morte per tubercolosi; il minutaggio concesso a un personaggio importante come Edward per dire addio alla moglie Elizabeth(Rebecca Ferguson) e al pubblico sembra in effetti eccessivamente ridotto, ma la scena che vede Edward sul letto di morte ricordare ad Elizabeth di averla sempre amata nonostante tutto e ringraziarla per essersi messa sulla sua strada riesce ad essere intensa e commovente e a farci sentire davvero, forse per la prima volta, che l'amore fra i due era sincero.

Lasciandoci il ricordo del luminoso sorriso del bel Principe che era stato, il Maggiore dei tre fratelli di York prende congedo lasciando il regno in tumulto nelle mani di Richard, scelto come Lord Protettore nell'attesa che il re bambino Edoardo V raggiunga la maggiore età. 
Le preghiere di Lady Margaret Beaufort(Amanda Hale), che attendeva con ansia l'arrivo del figlio Henry finalmente autorizzato a rimettere piede sul suolo d'Inghilterra, iniziano ad esaudirsi in fretta: il modo migliore di sostenere il partito del figlio è agire dietro le quinte insieme al marito Lord Stanley(Rupert Graves), determinato a restare dalla parte dei vincitori, alimentando i contrasti intestini fra le file Yorkiste con il pettegolezzo che il matrimonio fra Elizabeth ed Edward non fosse legittimo e che il piccolo Re Edoardo sia nient'altro che un semplice bastardo.

La già palese diffidenza di Elizabeth nei confronti di Richard e della moglie Anne(Faye Marsay) ha il sopravvento e la spinge a compiere scelte avventate che costeranno la vita al suo stesso fratello Anthony Rivers(Ben Lamb), personaggio molto promettente che non abbiamo però avuto l'opportunità di conoscere a fondo come avrebbe meritato, e dei suoi stessi figli: mentre il giovane Richard Grey viene condannato a morte insieme allo zio, interessante è la scelta di Philippa Gregory di assecondare la leggenda che vorrebbe il piccolo Richard di York scampare miracolosamente grazie a uno scambio di persona alla prigionia nella Torre, ultima dimora certa dei due Principini prima di scomparire nel nulla.

I passi falsi di Elizabeth Woodville si conciliano piuttosto bene con quelli altrettanto azzardosi della politica di Richard di Gloucester: il fatto che la sua decisione di scavalcare i principini sia incoraggiata dalla madre e dalla stessa Anne, in parte desiderosa di sedere sul trono lei stessa realizzando le ambizioni del padre e in parte decisa a vedere distrutta la donna che ai suoi occhi ha maledetto e ucciso la sorella e il cognato, potrebbe sembrare un'assoluzione eccessiva, ma per quanto le due donne abbiano potuto influenzarlo e persuaderlo Richard è un uomo che pone l'onore al di sopra di tutto ed è senza dubbio l'effettiva minaccia d'instabilità rappresentata dai Woodville e il bisogno di preservare l'unità del Paese a spingerlo senza altre possibili opzioni verso lo scacco finale; la fierezza con cui si rivolge al condannato Anthony Rivers ordinandogli  di chiamarlo Sua Grazia e lo sguardo che lui e una raggiante Anne, degna allieva di Margherita D'Angiò e finalmente vestita del mantello dell'incoronazione come aveva sempre sognato si scambiano a Westminster( per ragioni di Budget l'ambiente e la folla non sono particolarmente illustri, ma la cosa importante era rendere l'idea), parlano di un uomo e di una donna certi di poter svolgere al meglio il ruolo che il destino, adeguatamente incoraggiato, ha voluto affidargli.

La maledizione di Elizabeth( sgradita come sempre agli occhi di chi scrive) contro la famiglia di Richard è già partita, ma mentre ci prepariamo ad attraversare il breve regno del nostro Riccardo III e attendiamo con ansia di sapere come gli autori gestiranno il coinvolgimento di Richard nella vicenda dei Principi nella Torre, all'orizzonte si affacciano 2 volti nuovi pronti a portare più o meno intenzionalmente notevole scompiglio: il gelido Duca di Buckingham, al momento grande sostenitore del neo incoronato Riccardo interpretato da un inedito Arthur Darvill(Doctor Who), e soprattutto Elizabeth di York(Freya Mavor), giovane e bella primogenita del defunto Edward che scomparsi i principi diventerà presto l'oggetto del desiderio di molti; che la Gregory abbia scelto di ignorare le sgradevoli voci di corridoio su lei e Richard è piuttosto improbabile, ma la speranza è l'ultima a morire.


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