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mercoledì 21 gennaio 2015

The Imitation Game


“Are you paying attention?  Good.  If you’re not listening carefully, you will miss things.  Important things.  I will not pause, I will not repeat myself, and you will not interrupt me.  You think that because you’re sitting where you are and I am sitting where I am, that you are in control of what is about to happen.  You are mistaken.  I am in control.  Because I know things that you do not know.  What I need from you now is a commitment.  You will listen closely and you will not judge me until I am finished.  If you cannot commit to this, then please leave the room.  But if you choose to stay, remember that you chose to be here.  What happens from this moment forward is not my responsibility.  It’s yours.  Pay attention.”

Osannato da alcuni e bistrattato da altri, il biopic risponde a regole ben precise: per raccontare la vita di una personalità eminente è necessario focalizzare con attenzione il periodo storico in cui questa si è trovata suo malgrado a combattere e respirare, spingere sulle grandi imprese che nel bene e nel male hanno consegnato il suo nome alla clemenza dei posteri e usare bene il tempo a disposizione, non accontentandosi di una mera esposizione degli eventi accaduti ma impegnandosi a ritrovare l'essere umano che la leggenda ha contribuito a nascondere sotto polvere e incensi.

Poter contare su un grande protagonista è importante quanto la storia che ci si appresta a raccontare: senza il carisma di un interprete in grado di specchiarsi nello sguardo e nella sensibilità del suo personaggio, l'operazione conserverebbe il merito di aver dato visibilità a una pagina di storia più o meno conosciuta, ma sprecherebbe l'assai più preziosa opportunità di conoscere da vicino gli uomini e le donne che tanto hanno sofferto e sacrificato perchè potessimo avere un passato e un futuro.

Nel raccontare la storia di Alan Turing, il genio matematico che salvò 14 milioni di persone decifrando il codice Enigma e ricevette come ringraziamento una barbarica condanna per la sua omosessualità, The Imitation Game onora pienamente il genere grazie a un Benedict Cumberbatch in grande spolvero e a un'ossatura costruita su schemi opportunamente rodati, per avvicinarsi il più possibile al pubblico e guidarlo con mano sicura verso un messaggio di maggiore complessità e sottigliezza.

giovedì 20 febbraio 2014

Hamlet, National Theatre




Essere o non essere Amleto? La rosa degli attori pronti a mettersi alla prova nel ruolo del Principe di Danimarca continua ad allargarsi regalando al suo pubblico, ormai familiare col capolavoro Shakespeariano e per questo ancora più esigente, interpretazioni diversissime l'una dall'altra.

Hamlet ha sempre assorbito senza difficoltà i dubbi dell'uomo contemporaneo, spinto sull'orlo del baratro dalle sue scelte e dalle ambizioni di un mondo lentamente destinato a sgretolarsi: l'allestimento che Nicholas Hytner ha diretto per il National Theatre nel 2010 e che abbiamo avuto l'opportunità di vedere in sala lo scorso 28 gennaio è comunque riuscito a restituire nuova freschezza all'Opera come al suo protagonista, un Rory Kinnear(TheHollow Crown, Skyfall) ancora troppo poco conosciuto fuori dal Regno Unito rivelatosi un interprete fine e versatile senza nulla da invidiare ai suoi predecessori.

domenica 15 luglio 2012

The Hollow Crown 1x01: Richard II

“What must the king do now? must he submit?             
The king shall do it: must he be deposed?
The king shall be contented: must he lose
The name of king?”(Richard)


Fra il Giubileo di Diamante della Regina e gli imminenti Giochi Olimpici di Londra, nel 2012 il Regno Unito ha di certo trovato un anno dorato. Una ghiotta circostanza per la BBC, rete ammiraglia da sempre abituata a viziare il suo pubblico con prodotti di indiscussa qualità, che per onorare la Nazione ha pensato bene di affidarsi ad uno dei degli autori britannici più conosciuti e amati: complice la recente febbre da Game of Thrones e il leitmotiv della sacralità di una monarchia che ben si intona alle celebrazioni del Regno, l'ambiziosa miniserie The Hollow Crown guarda ai drammi storici della Quadrilogia dell'Enrieide di William Shakespeare( Riccardo II, Enrico IV parte I e parte II, Enrico V) con occhio moderno e assoluta fedeltà, per restituire alle nuove generazioni un’eredità che a dispetto di 400 anni di storia non sembra invecchiata di un giorno.

Ad aprire le danze è stato quindi Riccardo II(Richard II), il dramma che sconvolse più di tutti la regina Elisabetta I Tudor(“I am Richard II, know ye not that?” le sue parole dopo aver assistito allo spettacolo)e che rischiò di far tremare le fondamenta stesse del suo potere, quando il Conte di Essex lo fece mettere in scena per  cercare di accendere, senza ottenere però il successo sperato, il malcontento della folla contro la Sovrana.

Chiamato a risolvere la disputa fra il Duca di Norfolk Thomas Mowbray(James Purefoy) e Henry Bolingbroke(Rory Kinnear), figlio del Duca di Lancaster, Re Riccardo II d'Inghilterra(Ben Whishaw) sceglie di bandire entrambi condannando il primo all'esilio a vita e il secondo a 6 anni di lontananza. La decisione si rivelerà però fatale per la corona e per la sua stessa vita: dopo la morte di Giovanni di Gand(Patrick Stewart), primo Duca di Lancaster, Riccardo si appropria infatti di tutti i beni spettanti di diritto a Bolingbroke, spingendolo a ritornare anticipatamente dall'esilio e a combattere per riconquistare terre e titoli; infiammati dall'illegittima destituzione avvenuta ai danni di Bolingbroke, i Pari d'Inghilterra si schierano con quest'ultimo offrendogli tutto il supporto necessario, fino a quando non diviene chiaro allo stesso Riccardo che l'unico modo per riconciliare il paese è rinunciare alla corona, lasciando che Henry Bolingbroke diventi il nuovo re d'Inghilterra col nome di Enrico IV.

martedì 6 marzo 2012

Black Mirror



Che la televisione britannica sia in grado di regalarci produzioni di grande qualità è ormai una certezza, ma che abbia la maturità e il coraggio di rivolgere contro sé stessa la più infamante delle autocritiche è straordinario: pur contando su soli 3 episodi da un’ora ciascuno Black Mirror, miniserie creata da Charlie Brooker(conosciuto in patria per altre opere provocatorie come Dead Set e Screenwipe) per Channel 4 prende a schiaffi il suo pubblico in modo violento e spietato, mostrandogli senza sconti come il mostro creato  dalle più moderne tecnologie del nostro tempo abbia già iniziato a divorarlo approfittando pazientemente di una schiavitù alla quale noi, volenti o nolenti figli del secolo, abbiamo ceduto senza opporre resistenza.
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