« L'orchestra è un mondo. Ognuno contribuisce con il proprio strumento, con il proprio talento. Per il tempo di un concerto siamo tutti uniti, e suoniamo insieme, nella speranza di arrivare ad un suono magico: l'armonia. Questo è il vero comunismo. Per il tempo di un concerto. »


Nella messa in scena dello scontro di culture Mihăileanu costruisce una galleria di personaggi incredibilmente divertenti senza risparmiare nemmeno il fronte francese che entra nella storia per riempire un vuoto nel programma di stagione, popolo ordinato pacato e un po' opportunista chiamato a scontrarsi con la chiassosa e pittoresca ciurma dei visitatori russi, dando vita a un cocktail irresistibile costellato di personaggi che sotto la caricatura portano dentro grande malinconia: Andrej, meravigliosamente interpretato dal celeberrimo in patria Aleksei Guskov, che per riuscire a ultimare il concerto ha bisogno del contributo della schiva e introversa violinista francese Anne - Marie Jacquet, nelle sembianze di una straordinaria Melanie Laurent in una performance vibrante e sentita.
Senza dimenticare infine il semplice impresario ma egualmente fondamentale Ivan Gavrilov, quello stesso membro del partito che aveva spezzato il concerto, ora nostalgico del regime ma pronto a rappresentare nuovamente l'orchestra del Bolshoi e che spera di sfruttare l'esperienza parigina per ricostruire la forza comunista, al quale il regista lascia il compito di raccogliere il messaggio più importante nascosto nella pellicola: il comunismo, quello vero, non è nei congressi di partito o nelle brutali azioni d'autorità, ma si realizza quando ciascuno mette sé stesso e le proprie abilità per la costruzione di una comune armonia, un progetto ideale che proprio nella scena del concerto finale, capace di volare al di là del parole e colpire il cuore con la sola forza delle note, raggiunge il suo apogeo.
Unica nota stonata, la scelta di doppiare i personaggi con un'improbabile e fastidioso accento italo-russo: sarebbe stato troppo chiedere un russo sottotitolato, ma avrebbe senza dubbio giovato un altro modo, qualunque modo purché meno inquietante nella resa, per rendere le differenze linguistiche fra i due mondi.
"il concerto" resta comunque una commedia degli equivoci divertente e affascinante, costruita sul conosciuto castello dello scambio d'identità che proprio sulla freschezza e la semplicità pone le forti fondamenta: a volte può sembrare inappropriato prendere in giro i cliché che ci caratterizzano e che cerchiamo giustamente di smentire, ma forse ciò che ci infastidisce tanto è che, purtroppo o per fortuna, corrispondono a verità.
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