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mercoledì 6 marzo 2019

Green Book




Green Book era il film perfetto per portarsi a casa la statuetta e non a torto: un ottimo compromesso fra impegno e intrattenimento, americano nel profondo nel saper essere severo con la storia della sua Nazione quanto affettuoso con coloro che hanno contribuito a forgiarne il cuore più ottimista e generoso, gli anni 60' che già avevano portato fortuna a Guillermo Del Toro l'anno scorso e che tornano prepotenti con il loro sgargiante spettro di colori, eleganza, sonorità e contraddizioni.

Si attraversa l'America della segregazione (sull'itinerario c'è anche Jackson, l'infame città di The Help), stereotipi culturali e razziali si scontrano e si rovesciano a contatto con l'italianità sfacciata e spassosissima di Viggo Mortensen (a cui come italiota non avremmo dato 2 lire, e invece), si resta commossi e ammirati dalla compostezza dolorosa di Mahershala Ali il cui Oscar non può non dirsi meritatissimo.

Un road movie di 130 minuti che sfrecciano via leggeri leggeri, di quelli che ti fanno bene mescolando risate e riflessioni a brevissima distanza e ti fanno viaggiare lontano, per poi riportarti a casa al calore del cuore che si, un po' retorico lo è, ma ne hai lo stesso un gran bisogno, e soprattutto la storia di un'amicizia maschile con due protagonisti agli antipodi che imparano a rispettarsi e comprendersi e che pur non dicendo nulla di nuovo funziona benissimo così.

Ok, la pasta con le vongole era visibilmente scotta, ma ti mette addosso così tanta voglia di pollo fritto del Kentucky Fried Chicken che vabbè, per stavolta passi.

martedì 13 marzo 2018

The Shape of Water


"Unable to perceive the shape of You, I find You all around me. Your presence fills my eyes with Your love, It humbles my heart, For You are everywhere..."

"Tale as old as time" cantava la canzone di Alan Menken mentre la Bella e la Bestia volteggiavano nel salone da ballo vestiti di tutto punto, decorosamente abbottonati nei loro dorati abiti finto settecenteschi: il mito della bella fanciulla innamorata di una creatura mostruosa è vecchio come il tempo e impresso nella carne dell'uomo quanto nella sua immaginazione e fantasia, forte nella consolazione dell'idea che l'amore possa prescindere dall'aspetto esteriore in nome di un oltre che anche il più cinico e disilluso non può fare a meno di bramare, nel silenzio delle notti in cui nessuno potrà mai disturbare o criticare i suoi desideri più segreti.

Un mito che non ci stanca mai e dribbla facilmente il sapore di già visto e già sentito e che ci regala un sollievo sempreverde, ma ha anche bisogno di nuova linfa per riuscire a emozionare davvero e non stagnare in una mera resurrezione del canonico, vivido e magico come lo è sempre stato sin dalle prime immagini che ci hanno trovato nell'infanzia: fra le mani di Guillermo Del Toro, guardiano di tante creature mostruose, fantasmi, freaks reietti e incompresi da un mondo che sa essere più gore e spaventoso di loro stessi, il rispetto per la diversità dei personaggi e l'importanza del messaggio sono rispettati alla lettera e non solo in The Shape of Water ( in Italia La Forma dell'Acqua), favola moderna che contrappone il suo cuore ai verdognoli Stati Uniti dei primi anni 60' e di una Guerra Fredda le cui dinamiche risultano a volte tanto assurde da sfiorare l'ilarità involontaria.
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