domenica 25 marzo 2018

Irish Film Festa 11, My Astonishing Self: Gabriel Byrne on George Bernard Shaw


Gli Italiani hanno Leonardo Da Vinci, gli Inglesi William Shakespeare, gli Irlandesi George Bernard Shaw: è stato lo stesso drammaturgo a pronunciare queste parole, con la sua solita istrionica consapevolezza, sotto i baffi della lunga barba che aveva sempre portato e che l'aveva aiutato a costruire una maschera efficace e familiare per tutti gli spettatori dei suoi lavori: a lui, nato a Dublino ma Londinese di adozione dopo aver lasciato la patria a 20 anni e aver conquistato fama e fortuna nella capitale britannica, Gabriel Byrne ha dedicato il documentario "My Astonishing Self: Gabriel Byrne on George Bernard Shaw", trasmesso dal canale irlandese RTE e dalla BBC e presentato alla Casa del cinema di Roma nell'ambito dell'Irish Film Festa, per riscoprire vita passioni e oscurità di un autore che pur godendo di facile riconoscibilità presso gli irlandesi non è riuscito ottenere la stessa popolarità di altri conterranei.

Eppure è la stessa vita di Shaw ad eleggerlo a simbolo della più pura e tradizionale parabola irlandese: nato nella povertà di una famiglia infelice, vessato da bullismo in una scuola dal rigido classismo sociale e religioso, schiacciato dalla solitudine che ogni spirito avventuroso non può non avvertire su un'Isola che gli rigetta addosso tutta la sua timidezza, il Giovane Shaw passa il mare e cerca in Inghilterra il riscatto tanto atteso, preparandosi a vivere la sua vita da straniero in terra straniera; visibilmente toccato da sentimenti con lui condivisi, Gabriel Byrne ci conduce nei luoghi dell'infanzia di Shaw e lo segue a Londra fin dentro la British Library, testimoniando la costruzione ad hoc del suo stesso personaggio e la sua formazione culturale e ideologica, la stessa che gli ha dato la forza di vincere ogni riservatezza per tirare fuori estro e humour.

Così nasce il George Bernard Shaw più amato, l'omino graffiante che non dormiva mai consapevole di dover farsi da sè in ogni senso, capace di parlare al pubblico sposando il riso ad una critica sociale aspra ed efficace che scandalizzò l'Inghilterra vittoriana, ponendo il seme dell' idea che chiunque debba formare senza condizionamenti la propria opinione ed esaltando chi lottava per far sentire la propria voce, operai e suffragette: volti del calibro di Ralph Fiennes, Gemma Arterton e Nicholas Hytner raccontano il loro amore per l'autore e come abbiano devotamente lavorato all'interpretazione dei suoi personaggi, vivaci e moderni ben oltre i tempi ancora incerti in cui vivevano. 

Oltre la celebrazione e l'affetto per Shaw, la visita della sua casa museo e del piccolo casotto girevole dove tentava di inseguire il sole per scrivere al meglio e il più possibile c'è spazio anche per ombre e delusioni: la voce calma di Byrne si sofferma sulle simpatie del drammaturgo verso Mussolini e Hitler, la dittatura esaltata come mezzo per riportare in vita il socialismo che amava e che sembrava morire ogni giorno di più, imponendo decisioni e cambiamenti e uccidendo la formazione delle coscienze che tanto aveva difeso in passato.

Una macchia che ha contaminato la genuinità del personaggio e il rispetto di molti, ma che non può cancellare i meriti dell'uomo che ha scritto Santa Giovanna e Pigmalione: un irlandese che ha tratto dal suo essere irlandese le sue qualità migliori, uno spirito anticonformista che ha dovuto lasciare il suo paese per iniziare davvero a respirare per poi ritrovarlo nella maturità; come lo stesso Gabriel Byrne, come un vero irlandese.


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