Quando succede fa quasi paura: ti imbatti in un libro per caso, qualcuno te l'ha consigliato e il soggetto sembra promettente ma non hai la più pallida idea se alla fine riuscirà a conquistarti o se lo pianterai alla prima occasione; lo metti da parte, perché hai troppe letture arretrate e non vuoi che il volumone che da mesi staziona sul comodino se la prenda troppo a male, prosegui per la tua strada fissando un appuntamento indefinito nella tua testa che potrebbe non concretizzarsi mai perché tanto c'è sempre tempo.
Poi, un giorno vai a rispolverare il tuo caro vecchio archivio e te lo ritrovi lì, deciso a conquistare la tua attenzione costi quel che costi, stanco di aspettare che uno dei due faccia la prima mossa; decidi di buttarti e finisci per caderci dentro senza riuscire più a uscirne, cerchi di riprenderlo in ogni momento libero e non trovi più la forza di lasciarlo, ti preoccupi per i personaggi come se fossero dei vecchi amici e osservi ossessivamente le lancette dell'orologio perché attendi e temi il momento dell'addio: ti innamori, lasci che accada, finisci l'ultima pagina con la faccia tutta bagnata e il cuore scottato malamente.
Per alcuni sarà ordinaria amministrazione, ma pur amando tantissimo la lettura da queste parti capita raramente di vivere la pagina scritta al punto di smarrirsi; il responsabile del quadro clinico di cui sopra è Esperando Robert Capa (in italiano Istantanea di un amore), romanzo breve della scrittrice spagnola Susana Fortes che mischia realtà e finzione per raccontare l'amore fra Robert Capa, celeberrimo fotoreporter di Guerra nonché icona del Ventesimo Secolo e Gerda Taro, fotografa di altrettanto talento la cui stella è stata inevitabilmente offuscata dalla fama dell'amante.
"C'innamoriamo sempre di una storia, non di un nome, né di un corpo, ma di quello che c'è scritto dentro."
Entrambi ebrei, costretti ad abbandonare i rispettivi paesi per sfuggire ai primi sintomi dell'infezione nazista, lontani dalle identità che li avrebbero consegnati alla storia Andrè Friedmann e Gerta Pohorylle arrivano nella Parigi degli anni 30' con la loro vita in tasca, per onorare la promessa di una libertà ancora possibile: un'esistenza precaria e Bohemienne, divisa fra un piccolo appartamento pieno di libri e qualche lavoro saltuario per cercare di arrivare alla fine del mese, vacanze in autostop e lunghe serate trascorse a sognare un mondo migliore, avvolti nelle nuvole di fumo di un cafè a Montmartre o fissando la Capitale addormentata, fuori dalla finestra di una soffitta.
Sull'orlo del precipizio che in quegli anni straordinari e terribili vedrà l'Europa cadere e precipitare nell'abisso Gerta e Andrè si incontrano per caso e si innamorano, respirano una felicità degna dei loro vent'anni eppure troppo grande e assoluta per potere durare a lungo, si sfidano e si respingono per poi ritrovarsi, di nuovo fianco a fianco, senza bisogno di parole: due spiriti all'unisono indipendenti e caparbi, incapaci di lasciare terreno all'altro ma al tempo stesso incapaci di resistersi.
Se un soggetto contemporaneo consente all'autore di un romanzo storico di correre meno rischi grazie a una maggiore disponibilità di documenti e testimonianze, la scelta di Susana Fortes di puntare sui sentimenti e le emozioni immaginati ma mai inverosimili dei suoi personaggi, in nome di un racconto che sappia andare oltre un freddo filtro documentaristico, può essere accolta senza scandalo: Gerta e Andrè vivono nel fiume di pensieri impetuosi, martellanti e insistenti che agita le pagine dell'autrice, gettandoci addosso la solitudine di chi ha dovuto abbandonare la propria casa con la consapevolezza di non appartenere più a nessun luogo, la paura di non riuscire ad alzare un muro abbastanza resistente per sopravvivere all'urlo dell'Odio e alle sue crudeli e spietate manifestazioni, il bisogno di rinascere inventando ex novo un'identità forte alla quale aggrapparsi ed essere fedeli fino in fondo e la terrorizzante sensazione, semplice e umana ma non meno degna di essere vissuta, di non potersi abbandonare completamente all'amore senza sacrificare all'altro una parte essenziale di sé stessi; come molti altri coetanei Gerta e Andrè rimangono insieme fra alti e bassi attraversando suggestive serate estive e gelide e interminabili notti di gelosia, ma è il violento banco di prova della Guerra di Spagna ad affidare la loro passione alle pagine più belle della Fortes e a segnare il cuore tenero, doloroso e disperatamente romantico della sua opera.
"La patria non esiste, è un'invenzione. Quello che esiste è il posto in cui una volta siamo stati felici."
Terza indiscussa protagonista, la fotografia lascia fuori fuoco i profughi Andrè e Gerta e fa nascere Robert Capa e Gerda Taro, fotoreporter professionisti con l'audacia e l'appeal di due eroi della vecchia Hollywood, impegnati in una battaglia tutta personale che sostituisce il click dello scatto allo schiocco del grilletto e i rullini ai proiettili: un giornalismo militante, nutrito dalla febbre della Guerra e dalla sua potente scarica di adrenalina come dalla lealtà all'ultimo prezioso baluardo repubblicano, sempre al centro dell'azione e un passo avanti alla morte per catturare la verità e mostrarla agli occhi di un mondo incredulo e ingenuo; con dovizia di particolari e scenari poeticamente abbaglianti l'autrice rievoca le istantanee di un conflitto ormai dimenticato sporcandosi le mani nel fango e nella terra, scrutando attraverso l'obiettivo non solo le ferite di un popolo in ginocchio ma anche i profumi, i sapori e il calore rovente di una Terra pronta a restarti dentro, degna del più nobile ed estremo dei sacrifici.
Per Taro, coraggiosa al limite dell'incoscienza e coinvolta nella Causa al punto da meritarsi la stessa mano senza futuro del Robert Jordan di Ernest Hemingway ( un palese omaggio dell'autrice a For Whom The Bell Tolls), la Campana suona e non attende, mentre Capa riuscirà a farla franca per altri 17 anni sfiorando la leggenda con una vita spericolata, elettrizzante e pur segnata da mancanza e incompiutezza: come suggerisce il titolo scelto dalla Fortes ( più appropriato e meno sdolcinato di quello italiano) è difficile non immaginare che lei sia rimasta ad aspettarlo e che gli sia corsa incontro con impazienza, quel dannato maggio del 1954 in cui anche Capa perse la sua partita con la morte e il destino, per buttargli le braccia al collo dopo aver sceso i gradini a due a due, come faceva sempre quando lo vedeva arrivare in lontananza dalla finestra della sua stanza a Parigi.
"No contigo ni sin ti tienen mis males remedio, contigo porque me matas, sin ti porque me muero"
Dopo un secolo incostante che ha visto la fotografia perdere la chimica della verità in favore di un posto sull'artificioso piedistallo dell'alta definizione, la storia di Capa e Taro resiste alla nebbia del tempo e continua a sopravvivere, in quegli scatti che hanno reso reale la morte e afferrato la vita con la stessa identica enfasi: perché la memoria è un punto immateriale perso nell'infinito, quell'istante in bianco e nero dove una minuta ragazza coi capelli corti a la garçonne e un ungherese con gli occhi da zingaro bello da far male rimarranno per sempre, sospesi fra sorrisi sfuggenti e parole sconosciute.
Ringraziamenti:
-un grazie particolare a Tom Hiddleston, che indirettamente mi ha aiutata ad avvicinarmi ad una storia della quale sapevo molto poco: il film poi non l'ha più girato, ma c'est la vie (perchè Tom? PERCHÈ?).
-Un grazie particolarissimo alle amiche di Twitter, supreme consigliere di lettura, che mi hanno fatto scoprire questo libro, bello da far male come il suo protagonista: sto malissimo, ma non sono mai stata meglio.
Per alcuni sarà ordinaria amministrazione, ma pur amando tantissimo la lettura da queste parti capita raramente di vivere la pagina scritta al punto di smarrirsi; il responsabile del quadro clinico di cui sopra è Esperando Robert Capa (in italiano Istantanea di un amore), romanzo breve della scrittrice spagnola Susana Fortes che mischia realtà e finzione per raccontare l'amore fra Robert Capa, celeberrimo fotoreporter di Guerra nonché icona del Ventesimo Secolo e Gerda Taro, fotografa di altrettanto talento la cui stella è stata inevitabilmente offuscata dalla fama dell'amante.
"C'innamoriamo sempre di una storia, non di un nome, né di un corpo, ma di quello che c'è scritto dentro."
Entrambi ebrei, costretti ad abbandonare i rispettivi paesi per sfuggire ai primi sintomi dell'infezione nazista, lontani dalle identità che li avrebbero consegnati alla storia Andrè Friedmann e Gerta Pohorylle arrivano nella Parigi degli anni 30' con la loro vita in tasca, per onorare la promessa di una libertà ancora possibile: un'esistenza precaria e Bohemienne, divisa fra un piccolo appartamento pieno di libri e qualche lavoro saltuario per cercare di arrivare alla fine del mese, vacanze in autostop e lunghe serate trascorse a sognare un mondo migliore, avvolti nelle nuvole di fumo di un cafè a Montmartre o fissando la Capitale addormentata, fuori dalla finestra di una soffitta.
Sull'orlo del precipizio che in quegli anni straordinari e terribili vedrà l'Europa cadere e precipitare nell'abisso Gerta e Andrè si incontrano per caso e si innamorano, respirano una felicità degna dei loro vent'anni eppure troppo grande e assoluta per potere durare a lungo, si sfidano e si respingono per poi ritrovarsi, di nuovo fianco a fianco, senza bisogno di parole: due spiriti all'unisono indipendenti e caparbi, incapaci di lasciare terreno all'altro ma al tempo stesso incapaci di resistersi.
Se un soggetto contemporaneo consente all'autore di un romanzo storico di correre meno rischi grazie a una maggiore disponibilità di documenti e testimonianze, la scelta di Susana Fortes di puntare sui sentimenti e le emozioni immaginati ma mai inverosimili dei suoi personaggi, in nome di un racconto che sappia andare oltre un freddo filtro documentaristico, può essere accolta senza scandalo: Gerta e Andrè vivono nel fiume di pensieri impetuosi, martellanti e insistenti che agita le pagine dell'autrice, gettandoci addosso la solitudine di chi ha dovuto abbandonare la propria casa con la consapevolezza di non appartenere più a nessun luogo, la paura di non riuscire ad alzare un muro abbastanza resistente per sopravvivere all'urlo dell'Odio e alle sue crudeli e spietate manifestazioni, il bisogno di rinascere inventando ex novo un'identità forte alla quale aggrapparsi ed essere fedeli fino in fondo e la terrorizzante sensazione, semplice e umana ma non meno degna di essere vissuta, di non potersi abbandonare completamente all'amore senza sacrificare all'altro una parte essenziale di sé stessi; come molti altri coetanei Gerta e Andrè rimangono insieme fra alti e bassi attraversando suggestive serate estive e gelide e interminabili notti di gelosia, ma è il violento banco di prova della Guerra di Spagna ad affidare la loro passione alle pagine più belle della Fortes e a segnare il cuore tenero, doloroso e disperatamente romantico della sua opera.
"La patria non esiste, è un'invenzione. Quello che esiste è il posto in cui una volta siamo stati felici."
Terza indiscussa protagonista, la fotografia lascia fuori fuoco i profughi Andrè e Gerta e fa nascere Robert Capa e Gerda Taro, fotoreporter professionisti con l'audacia e l'appeal di due eroi della vecchia Hollywood, impegnati in una battaglia tutta personale che sostituisce il click dello scatto allo schiocco del grilletto e i rullini ai proiettili: un giornalismo militante, nutrito dalla febbre della Guerra e dalla sua potente scarica di adrenalina come dalla lealtà all'ultimo prezioso baluardo repubblicano, sempre al centro dell'azione e un passo avanti alla morte per catturare la verità e mostrarla agli occhi di un mondo incredulo e ingenuo; con dovizia di particolari e scenari poeticamente abbaglianti l'autrice rievoca le istantanee di un conflitto ormai dimenticato sporcandosi le mani nel fango e nella terra, scrutando attraverso l'obiettivo non solo le ferite di un popolo in ginocchio ma anche i profumi, i sapori e il calore rovente di una Terra pronta a restarti dentro, degna del più nobile ed estremo dei sacrifici.
Per Taro, coraggiosa al limite dell'incoscienza e coinvolta nella Causa al punto da meritarsi la stessa mano senza futuro del Robert Jordan di Ernest Hemingway ( un palese omaggio dell'autrice a For Whom The Bell Tolls), la Campana suona e non attende, mentre Capa riuscirà a farla franca per altri 17 anni sfiorando la leggenda con una vita spericolata, elettrizzante e pur segnata da mancanza e incompiutezza: come suggerisce il titolo scelto dalla Fortes ( più appropriato e meno sdolcinato di quello italiano) è difficile non immaginare che lei sia rimasta ad aspettarlo e che gli sia corsa incontro con impazienza, quel dannato maggio del 1954 in cui anche Capa perse la sua partita con la morte e il destino, per buttargli le braccia al collo dopo aver sceso i gradini a due a due, come faceva sempre quando lo vedeva arrivare in lontananza dalla finestra della sua stanza a Parigi.
"No contigo ni sin ti tienen mis males remedio, contigo porque me matas, sin ti porque me muero"
Dopo un secolo incostante che ha visto la fotografia perdere la chimica della verità in favore di un posto sull'artificioso piedistallo dell'alta definizione, la storia di Capa e Taro resiste alla nebbia del tempo e continua a sopravvivere, in quegli scatti che hanno reso reale la morte e afferrato la vita con la stessa identica enfasi: perché la memoria è un punto immateriale perso nell'infinito, quell'istante in bianco e nero dove una minuta ragazza coi capelli corti a la garçonne e un ungherese con gli occhi da zingaro bello da far male rimarranno per sempre, sospesi fra sorrisi sfuggenti e parole sconosciute.
Ringraziamenti:
-un grazie particolare a Tom Hiddleston, che indirettamente mi ha aiutata ad avvicinarmi ad una storia della quale sapevo molto poco: il film poi non l'ha più girato, ma c'est la vie (perchè Tom? PERCHÈ?).
-Un grazie particolarissimo alle amiche di Twitter, supreme consigliere di lettura, che mi hanno fatto scoprire questo libro, bello da far male come il suo protagonista: sto malissimo, ma non sono mai stata meglio.
Niente mi sono commossa leggendo le tue parole e ripensando a questo romanzo meravigliosa e a questa storia meravigliosa. Bravissima Susana. Andrè e Gerda meritavano quel film.
RispondiEliminagrazie Penny :) mi vengono ancora le lacrime se penso a questo libro, ho voluto scriverne proprio per cercare di elaborare il tutto e non è stato facile...proprio non capisco perchè abbiano incontrato tante difficoltà nel realizzare un film da questa storia, ha un potenziale cinematografico straordinario.
EliminaSe cerchi la qualità devi guardare nella giusta direzione. Prova orologio da parete stazione di londra. Vai su http://www.vitalbios.com/A/MTQ2NzQ1Mjg4OSwwMTAwMDA0OCxvcm9sb2dpby1kYS1wYXJldGUtc3RhemlvbmUtZGktbG9uZHJhLmh0bWwsMjAxNjA3MzAsb2s=
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