venerdì 3 novembre 2017

The Beguiled


Non è poi tanto difficile capire cosa passi per la testa di John McBurney, caporale dell'esercito nordista scampato per caso alla fine grazie al soccorso di un sparuto gruppo di donne, insegnanti ed educande dimenticate in un collegio del Sud nel bel mezzo della Guerra Civile: quale fantasia avrebbe potuto essere più eccitante per un soldato, ferito e braccato dal nemico e da un conflitto che ha già sottratto tanti uomini al calore di una donna, dell'avere intorno tante vergini carine e indifese pronte a guardare con curiosità e interesse all'affamato avventuriero a cui hanno fatto salva la vita, ancelle di un tempio pagano protette dal mondo in subbuglio unicamente dal fitto del bosco e dalla monotonia delle giornate. 

In The Beguiled(L'Inganno) di Sofia Coppola, secondo adattamento dell'omonimo romanzo dopo l'epocale film di Don Siegel con Clint Eastwood (in Italiano La notte brava del soldato Jonathan), le differenze fra i sessi imposte da convenzioni sociali e culturali vecchie quanto l'umanità stessa si abbattono ineluttabili sulle signorine dell''800 quanto sui nostri occhi di spettatori moderni e allenati; mentre l'uomo è libero di arginare convenzioni e buone maniere e dare libero sfogo a quegli stessi impulsi che il gentil sesso è costretto a reprimere entro i lacci di camiciole e corsetti, sulle Donne ricade il dovere di proteggere la propria virtù in attesa che un marito rispettabile acquisti il diritto unilaterale di goderne: sempre sotto una campana di vetro, sempre tenute in piedi da stecche di disciplina e autocontrollo, finché la pressione non diventa insopportabile al punto da voler strappare via a morsi perle e bottoni.


L'attenzione all'universo femminile e ai suoi mal compresi conflitti e sofferenze resta il punto più alto del film della Coppola, che piega la storia alle esigenze del suo cinema per raccontare come il gineceo di ninfe compiacenti e vendicative verso il malcapitato soldato nasconda una sorellanza di ancelle dal grido silenzioso, sole con sé stesse e una condanna alla nascita di perenne inferiorità subordinazione e sorrisi, messe alla prova dal brivido del tocco del petto bagnato di un uomo o anche dalla sua semplice vicinanza, costringendoci a domandarci chi sia davvero la vittima e chi il carnefice.

Un lavoro di cesellatura accurato che a rimette a fuoco le motivazioni dei personaggi epurandoli di gran parte delle loro caratteristiche più inquietanti e sgradevoli, le stesse che avevano riempito di morbosità e passione la pellicola di Siegel e delle quali è difficile non sentire la mancanza, spingendo il suo cugino più giovane a un confronto impari a e un rischioso corto circuito nelle intenzioni: nel conflitto fra il contegno imposto al suo sesso e la romantica speranza di una vita diversa priva di desolazione e isolamento, indissolubilmente legata all'attrazione carnale per il bel caporale, un personaggio "coppoliano" come Edwina (non per niente affidato all'attrice feticcio di Sofia, Kirsten Dunst) non può che trarre giovamento dal tocco inconfondibile e fortemente femminile della regista; ad uscirne malconce sono piuttosto la Miss Martha di Nicole Kidman e la Alicia di Elle Fanning, ombre appena abbozzate delle amazzoni sensuali e travolgenti che rendevano splendido il film del 71' mostrandone tutto lo sporco e la perversione, più che all'altezza della loro controparte maschile.

Un inganno che non inganna chiarendo sin dall'inizio di voler restituire un ritratto più empatico e meno goticheggiante, ma non necessariamente onesto rispetto all'essenza della storia, di un universo femminile strozzato con puntualità secolare da quello maschile, nella gabbia di un immacolato purgatorio dove il silenzio e il vuoto scandiscono il tempo sin dai titoli di apertura (al font pop dai colori sgargianti che aveva segnato il tono postmoderno di film come Marie Antoniette si preferisce un raffinato corsivo in rosa pastello), con la fotografia cristallina di Philippe Le Sourd a rischiarare la vetrina; quando il composto lampadario della forma si frantuma finalmente in mille pezzi, a finire sulla strada è il cadavere di un sogno infranto e prontamente buttato via, in un sacco cucito con mano meticolosa come la sofferenza di una donna: per riuscire ad andare avanti, mantide o angelo che sia, senza venire mai meno a sé stessa e alla propria forza, in un mondo che forse non smetterà mai di essere del tutto cieco e sordo.



4 commenti:

  1. Diciamo che la Coppola a questo giro si poteva impegnare un po' di più...

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    1. Ha dato la versione coppoliana della storia, ma mooolto più classica e controllata rispetto al suo solito tocco. Diciamo che si è messa il corsetto anche lei ;)

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  2. Che bella recensione! Bravissima Alessia, davvero... anch'io ho apprezzato il film, anche se non ho sentito il "peso" del film di Siegel: diciamo che questa è una pellicola "coppoliana" al 100% e i confronti hanno poco senso. "The Beguiled" non è il remake de "La notte brava..." quanto piuttosto un'altra versione del romanzo, che la Coppola ha adattato in toto al suo cinema. Che, si potrà amare o odiare, ma resta personalissimo e autoriale :)

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    1. Grazie mille! :) è vero porsi a priori nell'ottica di un confronto fra i due film non è tanto corretto, ma fra i due diversi approcci alla storia quello di Siegel mi è sembrato comunque più onesto nei confronti della storia stessa. Alla fine della fiera e dopo averci pensato un po' però ho comunque apprezzato il lavoro della Sofia sulla psicologia femminile, sempre molto attento e preziosissimo :)

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