"Can you imagine flying over a war and you know you can never look down? You have to look forward, or you'll never get home. ...What could be braver than that?"
La guerra è guerra sempre e comunque, ma la preferenza del grande schermo è inequivocabile: se il Secondo Conflitto Mondiale ha portato con sé tanti e tali orrori che i film sull'argomento non sembrano mai abbastanza, l'interesse ad affrontare la Grande Guerra non può certo dirsi altrettanto.
Il perché di questa strana mancanza non è facile da comprendere, ma nel confrontarsi con una memoria che ancora oggi, soprattutto nei paesi anglosassoni, continua a tenere viva la fiamma del ricordo(la fine delle ostilità l'11 novembre 1918 è a tutt'oggi celebrata in pompa magna con l'Armistice Day), il cinema non dovrebbe imporsi barriere.
A rendere il periodo più spinoso di altri è però senza dubbio il suo essere un drammatico e definitivo momento di cesura, salto nel vuoto di un mondo pronto a combattere una guerra antica e che invece seppellirà la sua innocenza in trincea, svegliandosi all'alba di un'era nuova e aspra dove niente sarà più come prima.
Che a raccontare una pagina di storia tanto europea sia un regista americano potrebbe sembrare ingiusto, ma non se quel regista si chiama Steven Spielberg: suo infatti l'onore di trasformare "War Horse", tratto da un famosissimo romanzo per ragazzi di Michael Morpurgo e già spettacolo teatrale di successo, in un esempio di grande cinema.