venerdì 15 gennaio 2016

Always Alan, after all this time.


Alan Rickman non c'è più. L'annuncio passa per caso, silenzioso e agghiacciante mentre stavamo tutti pronti ad aspettare le nomination all'Oscar e a fare previsioni, lanciando invettive contro il mocio di Jennifer Lawrence e incrociando le dita per Leonardo DiCaprio. 
Solo il gioco della stagione dei premi, la gara a vedere un film dietro l'altro per stare al passo e sbagliare pronostici: tutto andato di traverso, irrimediabilmente e a ragione, perchè la morte di Alan Rickman è di quelle che fanno male, malissimo. A pochissimi giorni di distanza da David Bowie perdiamo un altro grande nome di quelli che hanno fatto storia, anche se per i media la percezione dell'evento è inevitabilmente (lo so che Bowie era Bowie) più pacata e contenuta. Anch'io ho la mia personalissima hit di canzoni favorite del Duca Bianco, ma non posso negare di non essere mai stata la sua fan numero uno e di avere sentito invece un gran brutto vuoto dentro, un buco di silenzio reso ancora più profondo dalla casa immobile e temporaneamente deserta, dopo aver appurato che la scomparsa di Alan non era solo una bufala; perchè anche se quando l'avventura di Harry Potter è iniziata avevo già 14 anni anch'io sono cresciuta con lui e con la sua generazione, a sognare scale che amassero cambiare e passaggi segreti al corridoio del terzo piano, ad aspettare la lettera per Hogwarts per poi muovermi fra i suoi corridoi come se fosse casa mia, impaurita e affascinata dalla personalità di quel Professor Piton che sembrava tanto nero e oscuro, con le sue occhiate fulminanti e un'inclinazione al disprezzo e alla vendetta privata degna del ringhio del mio Professore di Greco e latino nelle sue giornate peggiori: quanti insulti dopo la lettura del Principe Mezzosangue e quante richieste di Perdono dopo i doni della Morte per il personaggio più bello e sorprendente nell'universo creato dall'ingorda J.K. Rowling, un'imperturbabile maschera di tunica e capelli corvini che Rickman ha saputo raccontare sul grande schermo con tutta la grandezza, l'eleganza e la tragicità che l'hanno sempre contraddistinto. 


Una nota di malinconia, sempre presente in quegli occhi sottili che sembravano prestarsi così bene a ruoli negativi e ambigui ma che sapevano sposarsi con altrettanta decisione a sorrisi rari e preziosissimi: villain di notte ed eroe romantico di giorno, con quel colonnello Brandon che illuminava di sole la versione di Ragione e sentimento diretta da Ang Lee, il mio primo vero contatto con Jane Austen anche se all'epoca non mi rendevo conto di quanto potesse essere preziosa una cassetta in lingua originale da guardare obbligatoriamente a scuola durante l'ora di inglese.


Di tutti i personaggi memorabili da lui interpretati, passando dal perverso Giudice Turpin di Sweeney Todd all'Alexander Dane di Galaxy Quest fino al marito malato e coscientemente tradito del raffinato Una Promessa di  Patrice Leconte, lo Sceriffo di Nottingham di Robin Hood: Principe dei Ladri è quello a cui voglio bene più di tutti: ci guardavamo la cassetta in continuazione, io e la mia amichetta delle elementari, finendola e rimettendola da capo nella sua minutissima stanza da letto prontamente fornita di videoregistratore, coprendoci gli occhi nelle scene dove la Strega di Geraldine Chaplin arpionava con unghie affilate schifezze di ogni genere per fare le sue predizioni, ma sempre determinate a correre il rischio ad ogni singola visione come se fosse il massimo della trasgressione audiovisiva (che ne sanno i pischelli di oggi di cosa voleva dire avere 8 anni negli anni 90'?). Divertente, completamente pazzo e allucinato, pronto a strappare elegantemente il cuore al suo nemico con un cucchiaio perchè con un pugnale sarebbe stato tedioso, come avrei scoperto anni dopo lo Sceriffo era soprattutto frutto dell'estro di Alan Rickman: tanto c'avevamo Luca Ward, e chissenefregava allora dell'accento americano di Kevin Costner.



Se ne è andato così un altro pezzo della mia infanzia, un altro attore entrato a far parte di me senza chiedere niente in cambio ma dandomi tutto ciò che poteva, per il tempo di un lungometraggio andato a incastrarsi felicemente in un passato che ogni giorno si fa ancora più remoto, spinto da quella meravigliosa e maledetta clessidra del tempo che gioca con la nostra esistenza senza controllo né preavviso, ma che si tiene insieme con forza grazie ai ricordi più o meno memorabili che hanno lastricato il sentiero fino ad oggi; un'altra memoria da custodire, triste come quando guardandoti allo specchio a 12 anni sei scoppiata a piangere perchè hai realizzato improvvisamente che non saresti vissuta in eterno, e felice come quando hai capito che ogni singolo fotogramma della storia vale e varrà sempre la pena: per sempre, Alan, dopo tutto questo tempo. 


martedì 12 gennaio 2016

Carol


"No other love can warm my heart
Now that I've known the comfort of your arms
No other love, oh the sweet contentment
That I find with you everytime, everytime

No other lips could want you more
For I was born to glory in your kiss, forever yours"

(No Other Love, Joe Stafford)

Chissà perché ci ostiniamo sempre a volerci innamorare d'estate: stiamo tutti lì a costruire romantiche fantasie per tramonti infuocati, indolenti giornate scottate e salmastre e lunghe passeggiate sotto cieli limpidi e stelle cadenti; chissà perché, quando avvolti in cappotti e cappelli a osservare le vite degli altri scorrere attraverso le finestre dei locali, coi guanti di pelle che ci stringono le dita mentre vorremmo che a farlo fosse qualcun altro e le luci natalizie che si accendono sulla via riempiendo anche solo per un istante il vuoto che ci siamo scavati dentro, il bisogno di calore che ci lascia soli sulle strade ghiacciate dell'inverno ci affama di una voglia d'amore ancora più testarda e irresistibile.

Di una passione invernale racconta Carol di Todd Haynes, fratello di sangue dello splendido Far From Heaven con Julianne Moore con cui condivide quegli anni 50' così impeccabili e infrangibili, dove le gonne a ruota e i cappellini coordinati si cucivano addosso alle donne con la stessa facilità del grembiule da cucina con cui ogni brava moglie doveva adoperarsi al meglio per accogliere a casa degnamente il proprio prezioso marito, un bel sorriso e poco altro a riempire una vita cristallina come una vetrina dei grandi magazzini; una vita perfetta, tutta casa, famiglia e buona società, che Carol Aird aveva provato ad avere recitando al meglio il ruolo che le era stato affidato, ma che alla fine non è più riuscita a trattenere oltre lo sguardo sfuggente di chi sa già cosa sta cercando disperatamente di trovare tra la folla: così arriva Therese, giovane commessa ancora inesperta del cuore ma capace di osservare con attenzione il mondo attraverso l'obiettivo della sua macchina fotografica, l'istante di un'occhiata rubato al caos dello shopping natalizio e i guanti di Carol dimenticati sul bancone e da dover restituire, l'opportunità di un nuovo incontro degna del più classico dei romanzi vittoriani.

mercoledì 6 gennaio 2016

The stage is set, the curtain rises: Welcome 2016

Hello, caro 2016! Sarai un buon anno? Ti comporterai bene e farai andare tutto come deve andare come nella canzone di MaxPezzaliana memoria? Dato che hai appena aperto le danze è un po' presto per fare bilanci, ma sul piano cinematografico non c'è dubbio che il carnet di film che intendi proporci è davvero notevole. Usciranno tutti in Italia? Come spesso succede dalle nostre parti non ne abbiamo la certezza, ma nel frattempo godiamoci l'attesa per i 10 titoli (più 7 titoli bonus) che potrebbero essere le perle di quest'annata:

-Carol, Todd Haynes



















Dal romanzo di Patricia Highsmith, una storia d'amore fra due donne nell'America degli anni '50. Rooney Mara, Cate Blanchett, la grazia del Todd Haynes di Far From Heaven. Data di uscita: 5 gennaio.

-The Danish Girl, Tom Hooper



















Un Eddie Redmayne più disperato che mai, una meravigliosa Alicia Vikander, le musiche belle in modo assurdo di Alexandre Desplat. Data di uscita: 18 febbraio.

-Macbeth, Justin Kurzel



















HAIL MACBETH, HAIL SHAKESPEARE, HAIL FASSBENDER (e Marion Cotillard)! Data di uscita: 5 gennaio.

-Suffragette, Sarah Gavron



















Un film bellissimo, tosto e fiero come le sue protagoniste(l'ho già visto mentre ero in UK e potete leggere la mia recensione qui) . Data di uscita: 3 marzo.

-Anomalisa, Charlie Kaufman



















Anime perse in stop motion, dirette da Charlie Kauffman (Eternal Sunshine of the Spotless Mind). Data di uscita: 25 febbraio.

-Brooklyn, John Crowley


Mentre noi abbiamo finalmente imparato a pronunciare il suo nome impronunciabile, Saoirse Ronan è cresciuta, pronta a emigrare negli States dall'Irlanda degli Anni 50' in una sceneggiatura scritta da Nick Hornby. Data di uscita: 4 febbraio.

-The Revenant, Alejandro G. Iñárritu



















DATE.A.LEO.IL.SUO.BENEDETTO.OSCAR. Data di uscita: 14 gennaio.

-High Rise, Ben Wheatley



















Tom Hiddleston. Un Condominio non esattamente cristallino. Ho già detto Tom Hiddleston? Data di uscita: non pervenuta, ma c'è sempre speranza.

-I Saw The Light, Mark Abraham


.











Tom Hiddleston! Di nuovo! Niente condomini stavolta, solo la musica country di Hank Williams: se ci va bene, potrebbe essere un nuovo Walk The Line. Data di uscita: non pervenuta, ma c'è sempre speranza.

-The BFG, Steven Spielberg












IL Grande gigante gentile di Roald Dahl diretto da Zio STEVEN SPIELBERG (che torna a fare film per ragazzi dopo un'eternità, CUORICINI). Plus, il gigante sarà quel gigante d'attore di Mark Rylance (Bridge of Spies, Wolf Hall). Data di uscita: ancora non pervenuta, ma Zio Steven arriva sempre.

Un po' meno attesi ma attesi comunque:

-Jobs, Danny Boyle
-The Hateful Eight, Quentin Tarantino
-Spotlight, Tom McCarthy
-The Little Prince, Mark Osborne
-Snowden, Oliver Stone
-Doctor Strange, Scott Derrickson
-Captain America: Civil War, Anthony and Joe Russo


Well, The stage is set, the curtain rises, we are ready to begin...welcome 2016!

domenica 3 gennaio 2016

Sherlock Christmas Special: The Abominable Bride



"We all have a past, Watson. Ghosts. They're the shadows that define our every sunny day."

"Il mio nome è Sherlock Holmes è l'indirizzo è 221B, Baker Street": l'iconica frase che ha segnato l'inizio del sodalizio immortale fra Sherlock Holmes e  JohnWatson e che abbiamo imparato ad associare con così tanta facilità ai moderni corridoi del Barts Hospital ritrova il suo naturale setting vittoriano grazie allo speciale natalizio di Sherlock, la celeberrima serie BBC creata da Steven Moffat e Mark Gatiss.

Ambientato nella Londra del 1895, The Abominable Bride apre le danze con una sigla old fashion per rivestire tutti i personaggi (dai protagonisti letterari a quelli divenuti canon nella serie) della rigida moda di fine diciannovesimo secolo: armato di pipa e deerstalker ma privo degli arruffati ricci del suo gemello contemporaneo, Sherlock ha la flemma e la compostezza di un novello Jeremy Brett (storico Holmes televisivo) mentre il fedele John racconta le avventure vissute con l'amico sullo Strand (dove venivano pubblicati i racconti di Sir Arthur Conan Doyle in persona) completo di baffi ed bombetta, condividendo con Holmes quella parte di cuore che il Grande Detective sembrerebbe voler dimenticare; persino lo Speedy Cafe, divenuto meta di pellegrinaggio in questi anni per ogni vero Sherlock fan che si ritrovi a passare per la capitale britannica, fa la sua comparsa nelle vesti di una tradizionalissima sala da tè.

sabato 2 gennaio 2016

Goodbye, Downton Abbey: pensieri sparsi sull'ultima stagione e sul finale della serie


So long, Downton Abbey: dopo 6 anni di trionfi, tragedie, lacrime e sorrisi, anche la serie di Julian Fellowes ha dovuto dire addio al suo pubblico, calando il sipario sulla storia della Casa Aristocratica più famosa della tv e facendolo per fortuna alle sue condizioni. In verità, mi sento in colpa verso la famiglia Crawley e i suoi servitori: avevo promesso di recensire la serie episodio per episodio, ma per mancanza di tempo e problemi personali non sono più riuscita a stare a passo e sono dovuta venire meno alla parola data, pur continuando a seguire con amore le singole puntate ogni settimana. In ogni caso non ce la facevo proprio a lasciare andare una serie tanto importante per me come Downton Abbey senza dire qualche parola sulla sesta stagione e sullo speciale natalizio, chiamato a svolgere l'ingrato compito di mettere la parola fine alle tante linee narrative più o meno vincenti che Fellowes ha aperto ed esplorato negli ultimi anni dello show.
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