"I did not ask to be born, but once born, I will fight to live. All life is precious - even mine."
Ogni attore sogna di poter assaporare il gusto del palcoscenico: la presenza del pubblico e il fragore degli applausi sono qualcosa che la macchina da presa non è in grado di riprodurre e la stessa proiezione del lavoro teatrale sul grande schermo potrebbe sembrare quasi un tradimento, all'unicità e alla naturalezza di una performance sempre sottilmente diversa: fermo restando che il filtro della sala cinematografica non potrà mai bissare le emozioni di una visione dal vivo, concedere la fruizione dell'opera anche ai tanti spettatori che non hanno potuto goderne in altro modo è un'opportunità che merita il sacrificio, più che mai nel caso del Frankenstein diretto da Danny Boyle.
Dopo il grande successo al National Theatre di Londra nel 2011, la versione del mito creato da Mary Shelley secondo Nick Dear(scrittore di teatro ma anche sceneggiatore dei film per la tv Byron e Persuasion), con Benedict Cumberbatch e Johnny Lee Miller a interpretare alternativamente il ruolo del Dottore e della sua creatura ha visitato moltissime sale cinematografiche in Europa e nel mondo, ma solo quando ormai si erano perse le speranze la Nexo Digital ha finalmente reso possibile una distribuzione italiana.
I'm not very fond of James Bond(I'm in love with Le Carrè's spies, you know), but Skyfall seems to be a great, epic and elegant game. And this song is HYPNOTIC.
“We've seen some troubles you and I; Nothing worse than this.”
Sin dalla seconda stagione, il quinto episodio è un momento atteso e temuto per gli spettatori di Downton Abbey, quando giunti a un punto cruciale della narrazione Julian Fellowes ha l’abitudine di stravolgere gran parte degli equilibri faticosamente raggiunti senza timore di incontrare il disappunto del pubblico: purtroppo, anche in questa terza stagione la tradizione non è venuta meno e l'emotività degli spettatori è stata messa a dura prova da un colpo di scena che nel piccolo universo di Downton ha la portata e le dimensioni della catastrofe.
Nonostante il vasto parco e gli splendidi giardini, Downton Abbeynon può certo definirsi una serie di spazi aperti: il Castello è una forza centripeta che attira e custodisce i suoi abitanti per tutta la durata della loro permanenza, intrecciandone le numerosissime storyline e seguendone il percorso, senza riuscire a riservare altrettanta dedizione a coloro che invece scelgono di allontanarsene; il destino di questi personaggi, finiti a gravitare lontano dalla Casa e quindi per questo a rischio di estinzione, è ritornare sui propri passi per riabbracciare la perduta dimora o rimanere lì, in quella sorta di limbo stagnante dove i loro drammi personali rischiano di assorbire quanto ancora d' interessante avevano da dirci.
Non c'è allora da stupirsi che Julian Fellowes abbia scelto di concentrare il quarto episodio della serie su Sybil(Jessica Brown-Finlay) e il marito Tom Branson(Allen Leech), coinvolti nelle vicende dell'indipendenza irlandese solo per dover abbandonare in fretta e furia un mondo che, per quanto promettente e ricco di spunti d’interesse, risulta troppo lontano dal centro dell’azione per poter essere coltivato a dovere: piombato a Downton nel bel mezzo di una notte piovosa, Tom è sconvolto dopo aver visto bruciare il Castello di un grosso proprietario terriero e aver lasciato indietro Sybil, incinta e sola in un paese straniero, nel tentativo di seminare la polizia.
Going to One Wedding Brings on Another. Idealmente concluse col matrimonio le tribolazioni sentimentali di Mary(Michelle Dockery) e Matthew(Dan Stevens), sembrava che anche per la sempre trascurata e poco amata Lady Edith(Laura Carmichael) fosse giunto il momento di avviarsi all'altare e iniziare una nuova vita: purtroppo, Julian Fellowes ha ritenuto opportuno che i guai della sorella mezzana non dovessero ancora avere fine e invece di realizzare il suo sogno ha preferito infliggerle una ferita troppo pesante persino per lei, ormai avvezza alla condizione di semplice ed eterna spettatrice della felicità altrui.
Il terzo episodio della terza serie di Downton Abbey punta subito i riflettori su una Edith raggiante e finalmente protagonista della scena, impegnata a sovrintendere i preparativi per del suo matrimonio con Sir Anthony Strallan( Robert Balthurst), dopo un corteggiamento che aveva visto la ragazza molto più sicura dell'amato riguardo ai suoi sentimenti: nonostante tutto sia ormai pronto per il grande giorno, Lord Grantham(Hugh Bonneville) e Lady Violet(Maggie Smith) non riescono a placare i loro dubbi su un'unione che ritengono del tutto male assortita, a causa della notevole differenza d'età fra i futuri sposi, non mancando mai di far notare quanto i presupposti di questo matrimonio siano sbagliati.
Dopo essere convolati finalmente a nozze per la gioia di tutti i loro fan, Matthew(Dan Stevens) e Mary(Michelle Dockery) tornano a casa dalla luna di miele francese a bordo di una nuova auto fiammante, guidata dallo stesso Matthew perché un autista non è più necessario: leitmotiv di questo secondo episodio, il bisogno di guardare al futuro accettando di evolversi secondo i ritmi e i tempi richiesti dal 1920("Some animals adapt to new surroundings. It seems a better choice than extinction")continua a farsi strada nella terza serie di Downton Abbey, senza disdegnare un velo di malinconia per l''estinzione della raffinata etichetta e dei riti mondani che tanto a lungo hanno abitato le vite dei personaggi e che ci hanno sempre affascinato.
La preoccupante situazione
economica in cui versa Downton non è cambiata, con Matthew che rifiuta ancora
di accettare la cospicua eredità del padre di Lavinia: convinta che l'ultima
speranza per evitare il disastro sia la generosità della nonna Martha
Levinson(Shirley MacLaine), Mary si unisce a Lady Violet(Maggie Smith) per
organizzare una cena spettacolare e clamorosamente eccessiva che dimostri alla
ricca americana quanto sia importante preservare la Tenuta.
"What one man can invent another can discover.”(Arthur Conan Doyle)
Diciamoci la verità: la paternità di Sherlock Holmes è e rimarrà per sempre di Sir Arthur Conan Doyle, ma né il caro Sir Arthur né tutte le numerose variazioni sul personaggio mi avevano mai dato l'input necessario per iniziare a leggere le Avventure del Detective: i film di Guy Ritchie sono divertenti e ben fatti al punto giusto, Piramide di Paura è uno dei miei cult più cult di sempre e l'elenco delle trasposizioni potrebbe continuare all'infinito, ma nessuno era mai riuscito a convincermi a rimediare alla mia grave lacuna.
Insomma qui si viveva una vita tranquilla prima che, una sera di Dicembre dello scorso anno, mi ritrovassi a seguireSherlock della BBC trasformandomi in una perfetta Sherlockiana in fieri: il lavoro di recupero è iniziato con profitto ed è proseguito fino all'estate scorsa( le Avventure e le Memorie di S.H. mi hanno accompagnato fino a Barcellona), ma prima che la terza stagione di questa serie capolavoro debutti sulla BBC il prossimo autunno, il piano è di completare la lettura di tutto il Canone al più presto.
Perché proprio questa serie? I motivi potete leggerli nelle recensioni che ho scritto per ciascuno dei tre episodi della seconda stagione( più un'anteprima per la prima stagione): anche se sto amando tuffarmi a capofitto nelle avventure cartacee di Sherlock Holmes, nel mio caso il merito di avermi fatto scoprire e amare quest' immortale personaggio è tutto di Steven Moffat, Mark Gatiss e Steven Thompson, sceneggiatori formidabili e chiaramente veri fanboy di Holmes e delle interpretazioni straordinarie di Benedict Cumberbatch e Martin Freeman come Sherlock e John.
Potrei scrivere un lunghissimo capitolo a parte su come Sherlock mi abbia fatto riscoprire(l'avevo già visto in varie occasioni, ma non mi aveva ancora folgorata)le incredibili qualità recitative- ed estetiche- di Benedict Cumberbatch, di cui sono diventata una seguace accanita e molto protettiva, ma nel frattempo ecco a voi le recensioni dei tre episodi che giusto stasera partono su Joi in prima visione per l'Italia(sempre in ritardo rispetto al globo qui eh?!): coprire la profondissima voce di Ben con il doppiaggio è un grave crimine contro l'umanità, ma chi prende Joi e non ha ancora visto la serie è pregato di recuperarla e di NON staccarsi dallo schermo finché non è finito A Scandal in Belgravia. CHIARO?!
Dopo aver attraversato gli ultimi sfarzi del periodo edoardiano e la Prima Guerra Mondiale Downton Abbey si prepara ad accogliere i ruggenti anni ’20, con una terza serie decisa a risolvere subito molti degli snodi narrativi trascinati nei capitoli precedenti.
Dopo aver impiegato ben 9 anni prima di dichiararsi nello splendido Christmas Special, Mary (Michelle Dockery) e Matthew (Dan Stevens) sembrano finalmente pronti a fare il grande passo, ma una pesante ombra grava sulla famiglia in festa: a causa di investimenti sbagliati Lord Grantham (Hugh Bonneville) ha perso gran parte del suo patrimonio mettendo a rischio la stessa Tenuta e la salvezza potrebbe arrivare proprio grazie a Matthew, divenuto uno degli eredi della fortuna lasciata dal padre della sua precedente fidanzata Lavinia Swire( Zoe Boyle), morta di spagnola nel 1918.
Fedele al suo onore e ai suoi principi Matthew rifiuta però di accettare il denaro destinato da Reggie Swire a colui che credeva sarebbe presto diventato suo genero, finendo per litigare pesantemente con Mary: preoccupata per le prospettive sue e della sua nuova famiglia, la ragazza è determinata a fare qualsiasi cosa pur di salvare il mondo in cui è cresciuta, non essendo ancora disposta ad abbandonare quella parata di titoli e tradizioni che però ha già iniziato a sgretolarsi.
"I very much regret to announce that we are now at war with
Germany": nelle parole preoccupate di Lord Grantham(Hugh Bonneville) la prima serie di Downton Abbey si era conclusa con un
cliffhanger inevitabile quanto efficace, lasciando alla Prima Guerra Mondiale
il compito di minacciare gli equilibri che per secoli avevano saldamente
sostenuto l'aristocrazia inglese.
La seconda stagione non poteva
allora che aprirsi nel bel mezzo del Conflitto, con Matthew( Dan Stevens) e
Thomas(Rob James-Collier) pronti a combattere nella stessa trincea, luogo dove
le differenze di classe sono rese inutili dal freddo e dal fango: il Fronte
della Somme è lontanissimo dalla serena campagna inglese, ma i venti di Guerra
del 1916 alla fine arrivano persino a Downton, con la dimora dei Crawley che
apre le porte ai feriti per trasformarsi in un vero e proprio ospedale.
Mentre la Storia fa il suo corso,
i numerosi personaggi continuano ad attraversare gli splendidi saloni a noi ormai tanto familiari
alla ricerca del proprio destino, uniti più che mai dalla tragedia collettiva
del Conflitto, per affrontare ostacoli che nel gusto dello sceneggiatore Julian
Fellowes sembrano sempre più insormontabili: peccato che una volta vinta la
Guerra e superata così la commovente prima parte della serie, l'elemento
sentimentale tanto importante e sempre trattato con delicatezza dallo script
abbia finito per sovraccaricare la storia oltremisura, introducendo soluzioni
patinate e colpi di scena tanto improbabili quanto non particolarmente
ispirati.