giovedì 1 dicembre 2016

Nocturnal Animals


"When you love someone, you have to be careful with it. You might never get it again."

Raffinatezza, eleganza, ordine formale e compositivo, passione viscerale: i fattori che determinano l'equazione del cinema di Tom Ford, contraddittoria all'apparenza eppure confezionata alla perfezione come un costoso completo firmato, a distanza di 7 sette anni dallo splendido a Single Man tornano a decretare il successo del regista (e stilista, fattore di importanza apicale) con Animali Notturni (Nocturnal Animals), tratto dal romanzo di Austin Wright Tony e Susan e vincitore del Gran Premio della Giuria all'ultimo Festival di Venezia.

Mai fine a sè stessa, la sua estetica impeccabile è messa ancora una volta al servizio del racconto di una disperazione che attecchisce nel profondo e non conosce tregua ne assoluzione, la condanna alla solitudine e al grigiore dell'esistenza per coloro che non hanno avuto il coraggio di fuggire dalla grata della loro prigione dorata per essere davvero sè stessi: nella gabbia di vetro della sua vita fatta di opere d'arte vacue e flaccide che non nascondono nulla sotto la patina intellettuale, la gallerista Susan non può che empatizzare all'istante col desolato percorso di Tony, protagonista del romanzo scritto dal suo ex marito Edward, un mite professore universitario prigioniero di un inferno senza fine delle desolate pianure del Texas.

Violento, dissacrante e crudele, il romanzo di Edward è il mostro generato da una penna che sa bene come infestare di incubi le notti di Susan, già da tempo insonni e intrise di solitudine, infierendo sul suo volto di porcellana con occhi gonfi di stanchezza e sferrandole un pugno allo stomaco che rimbalza all'istante sulla nostra stessa coscienza: il racconto dell'elaborazione del lutto per la violenta distruzione di un amore passa per la violenza di un racconto nel racconto che tutto uccide, macella e massacra, metacinema e metaletteratura dove non c'è speranza o risoluzione ma solo la ferocia di un'anima fatta a pezzi dal dolore: una vendetta servita fredda nei confronti di un'assassina dei sentimenti e delle speranze, ma anche il mea culpa di un uomo troppo vigliacco per trovare la forza di difendere ciò che amava di più al mondo e che sceglie semplicemente di arrendersi e morire, affidando la memoria dei suoi rimpianti alla parola scritta che tutto può far sopravvivere.

Sotto fredde e geometriche forme, con la camera che lascia i protagonisti soli e minuscoli in ambienti vastissimi o si stringe sui loro occhi rossi, ad interessare davvero Tom Ford sono le emozioni soffocate quando la romantica neve si trasforma in una lastra di ghiaccio, l'asfissia che la vita ci impone per sfuggire il rischio e l'imprevedibilità e che porta la Susan di Amy Adams, fragile e spenta regina del castello dei ghiacci ancora viva nel fuoco dei suoi capelli rossi, a diventare ambasciatrice di un amore profanato, con il Tony di Jake Gyllenhaal eletto a suo inconsapevole carnefice: perché nell'insoddisfazione inseguiamo sempre lo spettro di un' attraente infelicità, per essere predatori, animali notturni che tutto vorrebbero divorare e che alla fine nulla ottengono, se non restare svegli nella notte in preda al tormento.

Note:
1)Poche parole su Michael Shannon e Aaron Johnson: ruvido e sincero il primo, villain(?)disgustoso e perfetto il secondo.
2) Amy Adams è quel tipo di donna bella bellissima che riesce ad essere meravigliosa anche con un paio di occhialoni da lettura.


4 commenti:

  1. Davvero un film stupendo, che a distanza di due settimana si lascia ancora ricordare e non solo per la bellezza delle immagini e della colonna sonora!

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  2. Assolutamente d'accordo: film elegante e avvolgente, dal grande fascino e con una sceneggiatura di ferro. Hai ragione, per Ford l'estetica non è un "capriccio" ma un mezzo di espressione. Mai fine a se stessa.

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    1. L'estetica impeccabile discende senza dubbio dalla sua seconda vita, ma lui sa bene come servirsene per fare grande cinema. Bravo Mr Ford :)

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