"...And here’s to the fools
who dream
Crazy, as they may seem
Here’s to the hearts that break
Here’s to the mess we make."
La cosa più grande che tu possa imparare è amare e lasciarti amare, ma non al prezzo di un sogno troppo grande per rischiare di rimanere chiuso nel cassetto: i versi di Nature Boy che erano divenuti il motto del Moulin Rouge di Baz Lurhmann avrebbero potuto trovare terreno fertile anche in La La Land di Damien Chazelle, seconda prova di pregio del trentaduenne regista dopo Whiplash e film musicale nel genere quanto nell'ambientazione, se solo non fosse stato lontano anni luce dalla riproduzione di un archetipo che ponesse le basi per una romantica e appassionata fantasia d'amore come era invece accaduto nel film di Lurhmann; torna prepotente piuttosto il tema della prioritaria realizzazione delle proprie ambizioni, parecchio caro a Chazelle per ragioni che non escludiamo essere prettamente autobiografiche, rivestito di un approccio di cuore più soft che lascia indietro gli schizzi di sudore e sangue rimasti sulla batteria di Miles Teller ma non per questo rinuncia a spezzarci il cuore e a farci soffrire.
La love story fra Mia, attrice in erba che lavora nella caffetteria degli Studios inseguendo un provino dietro l'altro e Sebastian, pianista Jazz con un'anima antica in un mondo troppo accelerato per riuscire ad apprezzare ancora il sound di Charlie Parker e Miles Davis, è il classico incontro/scontro fra due anime sognanti capaci di riconoscere l'incanto che le contraddistingue e che lega il loro ritmo all'unisono, a dispetto di un destino che insiste per allontanarli portandoli continuamente fuori tempo: è l'amore che ti fa saltellare per la strada in punta di piedi e che ti lascia a volteggiare senza peso, lift us up where we belong, nel cielo blu di cartapesta di quella Città delle Stelle dove ogni giorno può essere un Giorno di Sole, finché non arriva la realtà, quella vera, pronta come sempre a complicare la semplicità delle cose e a costringerti a chiederti cosa sia davvero importante, riportandoti coi piedi per terra e lasciando del blu intenso che ti avvolgeva solo un timido e malinconico bagliore; siamo tutti sognatori spezzati dalla vita e dal peso delle nostre scelte, dai frame dei film che non abbiamo vissuto e che ci passano davanti con la consapevolezza di ciò che poteva essere e non è stato perché lui, perché lei, perché loro, andiamo avanti con un sorriso amaro sul volto grati per quello che abbiamo avuto e per la luce azzurra di un ricordo che ci scalda nella solitudine.
È la dura legge del jazz, le note della nostalgia che musicano un'esistenza fatta di cose belle perché anche un po' tristi, un lietmotiv recentemente ascoltato nel Cafè Society di Woody Allen ma orchestrato con più freschezza e meno polvere dal team di Chazelle, deciso a omaggiare la tradizione del musical hollywoodiano passando dai colori e dalle geometrie degli anni '50 e '60 alle scatenate coreografie degli '80 (la spettacolare sequenza di Another Day of Sun grida Fame ad ogni singolo passo), creando un clash spietato fra le luci dorate della fiaba e il grigio di un presente che con ogni bolletta non pagata e ogni biglietto non staccato annebbia lentamente amore e passione.
Un omaggio al cinema e alla sua capacità di distrarci dal dolore e restituirci la meraviglia del possibile, curato nei dettagli anche grazie a citazioni collaterali a cui è impossibile non voler bene all'istante: ci sono Casablanca e Vacanze Romane, ma soprattutto la zia parigina di Mia Dolan, folle come la Catherine del Jules e Jim di Francois Truffaut nel suo lanciarsi nella Senna solo per avvertirne l'ebbrezza.
Un omaggio al cinema e alla sua capacità di distrarci dal dolore e restituirci la meraviglia del possibile, curato nei dettagli anche grazie a citazioni collaterali a cui è impossibile non voler bene all'istante: ci sono Casablanca e Vacanze Romane, ma soprattutto la zia parigina di Mia Dolan, folle come la Catherine del Jules e Jim di Francois Truffaut nel suo lanciarsi nella Senna solo per avvertirne l'ebbrezza.
In una narrazione che procede per quadri assecondando le stagioni, la mano sicura di Damien Chazelle ci concede lunghi campi di colore e spettacolo, mettendo alla prova la coppia d'oro Emma Stone/Ryan Gosling con canzoni e passi di danza di cui non sembrano avere assoluta padronanza, ma che rende ancora più tangibile la loro normalità nella fossa dei leoni Losangelina: il canto ruvido di lui e la sua dolcezza sulla tastiera fanno bene la loro parte, ma è la leggerezza della Stone a conquistare la scena, insieme a quell'assolo appassionato di Audition che vorrebbe essere quasi una risposta positiva all'I dreamed a Dream di Anne Hathaway in Les Miserables; sullo sfondo, vigile e sempre presente, la bella Los Angeles che fiorisce e distrugge speranze, la Città delle Stelle assediata dal traffico e dalla presunzione degli attori di Hollywood ma altrettanto capace di regalare tramonti mozzafiato e panorami da favola.
La battaglia che sul web ha visto fan e detrattori insultarsi a vicenda per avere l'ultima parola su La La Land ha consumato le energie di molti, ma alla fine dei giochi resta solo il film e ciò che sia stato in grado di lasciarci: brindiamo dunque ai sognatori, ai pasticci che combinano, agli errori che commettono e con i quali dovranno convivere tutta la vita, in un nome di un obiettivo scintillante che richiede tenacia e sacrificio, con un romanticismo che forse non pagherà tutti i conti alla fine del mese ma fa comunque bene alla salute.
Note
1)Oscarometro:
Delle ben 14 nomination ricevute, La La Land ha conquistato ben sei statuette, tutte meritate: Emma Stone andava premiata soltanto per la sequenza di Audition, anche se potendo scegliere avrei dato la statuetta alla Natalie Portman di Jackie, o se fosse stata in gara alla Amy Adams (!) di Arrival, mio film preferito in assoluto della rosa dei candidati ma con possibilità di vincere sotto zero.
La malafigura poraccia dell'errore per il miglior film è ormai storia: no, come detto La La Land per me non era comunque il miglior film e Moonlight non l'ho ancora visto, ma la scena è stata talmente crudele e la brutta figura così poraccia da avermi fatto passare la voglia vita natural durante, SHAME SHAME SHAME.
2) Il momento migliore della serata degli Oscar è stata l'esibizione di John Legend con City Of Stars e Audition, vedere per credere:
Ormai ho già detto a destra e a manca che l'ho adorato... soprattutto quel finale!
RispondiEliminaE sì che non pensavo, la sua super esaltazione mi aveva fatto entrare in sala sospettosa ;)
anch'io sono sempre sospettosa coi film troppo esaltati... ma stavolta c'avevano ragione ;)
EliminaForse un po' troppo esaltato... colpa anche della disabitudine al genere da parte del pubblico che lo scambiato per un capolavoro. A mio avviso non lo è, specialmente se paragonato ai grandi musical del passato, però è comunque un ottimo prodotto, godibile, ben costruito, che omaggia Hollywood e la sua magia. Paradossalmente, secondo me, la parte musicale è proprio quella più debole (le canzoni, a parte un paio, sono parecchio esili) mentre invece sceneggiatura e regia sono di buon livello. Non passerà alla storia, ma si lascia vedere più che volentieri...
RispondiEliminaNon amo tanto le diciture capolavoro/boiata pazzesca, sono assolutismi che non mi interessano. Per me è un bel film con dentro tante bellissime cose tutte dette nel modo più efficace possibile... le canzoni le ascolto a ripetizione da non so quando ormai, ho imparato ad apprezzarle tutte :P se sia stato derubato della statuetta a miglior film non saprei ancora dirlo perchè mi manca moonlight (che però non ho intenzione di vedere a breve per una questione di generata antipatia dato quello che hanno combinato xD ) , ma al momento il mio miglior film è senza dubbio arrival.
EliminaConcordo con Kris, ha ottimi propositi e come omaggio al passato funziona bene. Diciamo che la gara al miglior film di quest'anno era da valutare molto bene e non ho ancora capito, stilando pro e contro della decisione finale, cosa sarebbe stato meglio. Di sicuro questo è un film che denuncia tutta la prepotenza americana, nel bene e nel male. Colpisce moltissimo in un primo impatto e rimane impresso, ma lascia ben poco a livello di contenuti. Si, è molto bello il messaggio dell'amore, dell'inseguire il proprio sogno e di vivere con un po' più di vivacità la vita, ma non è nulla di nuovo, lo hanno solo fatto cantare a due bravi interpreti. Detto questo, tecnicamente è notevole e da me gli mancava mezzo punto al punteggio massimo, però non lo reputo un capolavoro indimenticabile.
RispondiEliminaIl messaggio non è nuovo, ma la sequenza finale ci parla in modo così sincero (almeno per quanto mi riguarda, capisco che a questo punto le esperienze personali influiscano non poco) che non ho potuto che accoglierlo a braccia aperte ;) il miglior film per me era arrival, con possibilità di vittoria zero.
EliminaBellissimo anche Arrival, però La La Land era il mio preferito tra i nominati agli Oscar e per me avrebbe dovuto vincere 14 statuette (anche se era impossibile, visto che ne aveva ottenute 2 nella categoria di migliore canzone). :)
RispondiEliminaahahhahah incredibile ma vero, è piaciuto più a te che a me (per quanto a me sia piaciuto tanto):P in realtà hai un cuore tenero, caro Cannibal ;)
EliminaBeh che dire? Questo film è meraviglioso! E' il primo musical che amo veramente in assoluto!
RispondiEliminaMe ne consigliate altri, altrettanto belli?