"Lord, ye gave me a rare woman, and God! I loved her well."
Non importa quanta energia e volontà i più coraggiosi viaggiatori possano investire nell'impresa: il passato non si può cambiare e i punti fissi sulla scala del tempo sono destinati a ripetersi senza pietà alcuna per chi si è suo malgrado trovato ad averli vissuti in prima persona, lottando disperatamente per sopravvivere e non disperdere la propria memoria in quella folla senza volto che ormai zittita abiterà per sempre le pagine dei nostri libri di storia fra l'annotazione di una battaglia e l'altra; Marty McFly non sarebbe troppo d'accordo, ma nella migliore tradizione del genere Outlander non poteva che attenersi alle regole e rispettarle alla lettera, in una seconda stagione che grazie a una maggiore compattezza nella narrazione (non più due tranche divise da una pausa ma un unico ciclo di episodi più breve) e a una maggiore varietà di scenari riesce a rendere giustizia alle vicende dei personaggi pur con l'assoluta certezza di ciò che accadrà.
Sappiamo già che Claire tornerà da sola nel 1948 portando in grembo un bambino che verrà cresciuto da Frank, distrutto dal tradimento della moglie eppur egualmente deciso a dimostrarle di amarla ancora nonostante tutto, ma nel bisogno di sapere come e cosa abbia portato la neo Signora Fraser a riattraversare disperata il muro che la divideva dalla sua vecchia vita, il piacere della scoperta di quanto accaduto nel diciottesimo secolo resta comunque immutato; lasciata la Scozia e approdati a Parigi nel disperato tentativo di stroncare sul nascere gli eventi che portarono alla Battaglia di Culloden, lo scontro sanguinoso che per mano degli Inglesi avrebbe segnato la morte della cultura dei Clan e probabilmente dello stesso Jamie, Claire e il marito prendono posto nel bel mondo della corte francese e cercano a tentoni di realizzare il loro piano.
Un'occasione per ammirare abiti sfarzosi, parentesi sbarazzine e intrighi di corte, introdurre personaggi di contorno destinati a rimanere sulla scena non troppo a lungo ma a fare comunque la loro parte egregiamente (il saggio farmacista e la frivola ma affezionata Contessa quelli che ci sono piaciuti di più) , ritrovare nemici storici che continuano a nascondere la propria perversione sotto una maschera di apparente rettitudine e senso del dovere(la cattiveria di Tobias Menzies ci mancherà tanto quanto la disperazione del suo Frank), ma soprattutto portare ad un nuovo livello la relazione fra Claire e Jamie ed esplorare le difficoltà del loro rapporto di coppia, amplificate dai rischi della loro missione ma soprattutto da un trauma capace di lasciare nel cuore di un uomo cicatrici ben più profonde di quelle incise sulla carne da un macellaio senza scrupoli.
Claire e Jamie non riescono più a dialogare come un tempo, le circostanze li costringono a passare molto tempo separati e il ruolo di Cassandra che si ritrova suo malgrado a ricoprire rende Madame Fraser, incinta del figlio di Jamie ma allo stesso tempo preoccupata sopra ogni cosa dal pensiero della futura salvezza di Frank, risoluta ben oltre i limiti consentiti dal fato: Outlander continua a camminare sui binari del romance e dell'avventura, ma approfitta del tragitto per scavare a fondo nei suoi personaggi e spingerli all'estremo con esperienze che vanno ben al di là del classico canovaccio da romanzo, un dolore palpabile che chiunque potrebbe provare e che li rende più che degni di affetto e comprensione. L'anno scorso era stata lo stupro di Jamie, trattato con una cura e un'attenzione per la vittima che raramente si è vista altrove, a dettare il culmine drammatico della prima stagione: stavolta è Caitriona Balfe a rubare tragicamente la scena, con un episodio, Faith, capace di esplorare in modo sincero il trauma umanissimo della perdita di un figlio, comune per l'epoca ma egualmente insostenibile per qualsiasi madre, scegliendo un tono straziante ma mai melodrammatico.
Il dolore personale di Jamie, rivissuto attraverso gli occhi spaventati del piccolo Fergus (altra new entry graditissima) non potrà mai guarire, ma i nostri avranno modo di ritrovarsi e di reintrecciare insieme i propri destini finchè non sarà la Storia stessa a tagliare il filo a colpi di cannone: si torna in Scozia per assistere alla preparazione di una Battaglia che sappiamo essere persa già in partenza, consapevoli che quella Terra vibrante di mistero, atmosfera e tradizioni resterà sfigurata dalla furia di una Storia che non può perdonare nè salvare, abbattendo la sua violenza su uomini, donne e bambini che nel tempo abbiamo imparato ad amare per trasformarli in un'eco lontana e incomprensibile.
Costruito come un serrato conto alla rovescia verso un finale già scritto e alternato ottimamente alla malinconia di un presente polveroso e ingrigito a dispetto dei vivaci anni 60' che dovrebbero accenderlo, l'ultimo episodio sembra già prepararsi all'idea di lasciare spazio al racconto delle nuove generazioni, rappresentate dai capelli rossi della testarda Brianna Randall Fraser e dal timido e mite Roger "McKenzie" Wakefield, per retrocedere gradatamente la storia degli ormai maturi Jamie e Claire ad un livello secondario: in attesa di saperne di più e di tornare nel diciottesimo secolo un'ultima volta, Outlander ci regala la soddisfazione per un prodotto che sa giocare bene le sue carte e che approfitta di ogni opportunità, facendoci sognare di epoche lontane e amori assoluti con quel pizzico di silliness e improbabilità che tutta la bella letteratura d'intrattenimento dovrebbe possedere, ma senza dimenticarsi di regalarci personaggi indimenticabili e di rendere le loro tribolazioni autentiche e vere.
Io la sto seguendo solo perché ho seguito la prima però non mi piace tantissimo ma sufficientemente questo sì ;)
RispondiEliminaio ho preferito questa stagione perchè più compatta e meno diluita ;)
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