Candidato outsider nella categoria miglior film, miglior attrice protagonista e miglior sceneggiatura originale, Brooklyn di John Crawley è stato in grado di strappare la nomination più importante non senza scalpore considerando il prestigio di alcune pellicole rimaste fuori gara(Carol in primis), ma non si può dire che tale risultato sia stato raggiunto immeritatamente: la penna di Nick Hornby aveva già dato a un'incantevole Carey Mulligan l'opportunità di illuminare la grigia Inghilterra dei primi anni 60' in An Education, ma dopo il suo esordio in Espiazione e una carriera decennale costellata di lavori più o meno riusciti ma comunque difficilmente dimenticabili, Saoirse Ronan non ha certo bisogno di presentazioni; sulla delicatezza della sua performance, calibrata sulla forza e caparbietà tutte irlandesi di una protagonista dai sogni genuini ma non per questo meno complessa e interessante, Hornby trova nel romanzo di Colm Tóibín un'altra eroina dalla personalità indipendente, pronta a chiudere in una stanza le lacrime della sua solitudine per provare ad affrontare a testa alta il peso del quotidiano in una terra straniera: è la nostalgia di un paese lontano da sempre chiamato casa, il vuoto di chi finisce in una Terra di Nessuno consapevole di non appartenere a nessun luogo finchè fiducia ed esperienza non consentiranno finalmente di piantare nuove radici, vincere la timidezza sul lavoro tanto quanto nelle amicizie e lasciarsi alle spalle ciò che è stato; nell'esperienza di Eilis vediamo la malinconia di un popolo di viaggiatori che può concedersi di soccombere alla nostalgia solo per un attimo, il tempo di una canzone cantata in una lingua persa sull'Atlantico o di una lettera da stringere al petto anche se arrivata troppo tardi.
Un romanzo di formazione semplice e pulito, illuminato dalla tenerezza di una gioventù perennemente in bilico fra l'inconscio desiderio di non abbandonare l'adolescenza e il bisogno di trovare la forza di crescere, costretta a domandarsi insistentemente se scelte fatte in principio con grande determinazione debbano essere portate avanti fino in fondo o se la via da percorrere verso la felicità e il futuro sia diversa da quella che aveva immaginato: perchè nel suo vagare alla ricerca di conforto a volte il cuore si spacca senza volerlo, reclama i colori di mari e strade a cui siamo appartenuti per tanto tempo e che non vogliono lasciarci liberi di andare, si culla nel sogno di vite non vissute credendo che possano diventare la propria, si lascia incantare dal sorriso di un ragazzo gentile per cercare il conforto che la mancanza non può donare. Che il rivale per il cuore di Eilis debba essere un delizioso Domhnall Gleeson e avere dalla sua l'egoistico affetto di un paese intero per una delle sue figlie fa parte del gioco: perchè l'amore è attrazione, complicità e intesa, ma anche una scelta che non concede vie di mezzo e si porta dietro il peso e il sollievo di una vita intera, quella che sentiamo di abbracciare nonostante le possibilità sembrino infinite e tutte parimenti allettanti.
La compostezza del racconto non concede particolari guizzi di regia o sceneggiatura, ma il contrasto fra Nuovo e Vecchio mondo regge al meglio grazie all'interpretazione della Ronan e ad una galleria di costumi e ambienti puntuali e ben curati, smorzati e polverosi negli scenari irlandesi quanto caldi e luminosi in quelli americani: dopo aver accompagnato l'avventura senza ritorno di Christopher McCandless in Into The Wild Michael Brook segue il viaggio di Eilis, meno indomito e radicale ma altrettanto votato a libertà ed emancipazione, con una colonna sonora dolcissima che suona di luoghi perduti e persone scomparse, ricordi sopiti e desideri irrealizzati, lasciati svanire perchè necessario ma egualmente dolorosi e strazianti.
Con una punto di favore in più verso il pubblico nostrano per aver finalmente offerto un ritratto degli italiani lontano dalla caricatura e dal classico quadretto Pizza e Mandolino, Brooklyn colpisce e emoziona scansando la via del melodramma esasperante e aggrappandosi con coerenza e discrezione alla volontà della sua protagonista, uscita vittoriosa dalla nebbia della memoria per ricominciare a scrutare con fierezza il proprio orizzonte: per trovare il proprio posto e andare avanti fino in fondo, anche se la quiete del mare d'inverno non si stancherà mai di chiamarci a gran voce.
Un romanzo di formazione semplice e pulito, illuminato dalla tenerezza di una gioventù perennemente in bilico fra l'inconscio desiderio di non abbandonare l'adolescenza e il bisogno di trovare la forza di crescere, costretta a domandarsi insistentemente se scelte fatte in principio con grande determinazione debbano essere portate avanti fino in fondo o se la via da percorrere verso la felicità e il futuro sia diversa da quella che aveva immaginato: perchè nel suo vagare alla ricerca di conforto a volte il cuore si spacca senza volerlo, reclama i colori di mari e strade a cui siamo appartenuti per tanto tempo e che non vogliono lasciarci liberi di andare, si culla nel sogno di vite non vissute credendo che possano diventare la propria, si lascia incantare dal sorriso di un ragazzo gentile per cercare il conforto che la mancanza non può donare. Che il rivale per il cuore di Eilis debba essere un delizioso Domhnall Gleeson e avere dalla sua l'egoistico affetto di un paese intero per una delle sue figlie fa parte del gioco: perchè l'amore è attrazione, complicità e intesa, ma anche una scelta che non concede vie di mezzo e si porta dietro il peso e il sollievo di una vita intera, quella che sentiamo di abbracciare nonostante le possibilità sembrino infinite e tutte parimenti allettanti.
La compostezza del racconto non concede particolari guizzi di regia o sceneggiatura, ma il contrasto fra Nuovo e Vecchio mondo regge al meglio grazie all'interpretazione della Ronan e ad una galleria di costumi e ambienti puntuali e ben curati, smorzati e polverosi negli scenari irlandesi quanto caldi e luminosi in quelli americani: dopo aver accompagnato l'avventura senza ritorno di Christopher McCandless in Into The Wild Michael Brook segue il viaggio di Eilis, meno indomito e radicale ma altrettanto votato a libertà ed emancipazione, con una colonna sonora dolcissima che suona di luoghi perduti e persone scomparse, ricordi sopiti e desideri irrealizzati, lasciati svanire perchè necessario ma egualmente dolorosi e strazianti.
Con una punto di favore in più verso il pubblico nostrano per aver finalmente offerto un ritratto degli italiani lontano dalla caricatura e dal classico quadretto Pizza e Mandolino, Brooklyn colpisce e emoziona scansando la via del melodramma esasperante e aggrappandosi con coerenza e discrezione alla volontà della sua protagonista, uscita vittoriosa dalla nebbia della memoria per ricominciare a scrutare con fierezza il proprio orizzonte: per trovare il proprio posto e andare avanti fino in fondo, anche se la quiete del mare d'inverno non si stancherà mai di chiamarci a gran voce.
Note:
Oscarometro: la statuetta per il miglior film era pura utopia, ma Saoirse avrebbe meritato tutti i premi possibili.
Anch'io l'ho trovato un racconto con la R maiuscola. :)
RispondiEliminaTuttavia ancor più che l'interpretazione di lei (sempre brava e in parte e con degli sguardi super eloquenti) mi ha colpito quella di lui (emory cohen), decisamente da tenere d'occhio!
lui molto bravo e tenerissimo! Certo contro Domhnall Gleeson era davvero una bella sfida ;)
EliminaPer me il film più bello di quest'anno insieme a Carol.
RispondiEliminaSaoirse avrebbe davvero potuto vincere l'Oscar, è intensa con compostezza e il suo è un personaggio indimenticabile!
contro Brie Larson, bravissima anche lei, purtroppo non c'era gara, ma avrebbe meritato senza dubbio ed era la mia preferita :)
EliminaEmbé, questo è un film al 100% carmicino, quindi non poteva che piacerti. ;)
RispondiEliminaPerò è piaciuto anche a te, la Carmicinite ti ha colpito di nuovo! :P
EliminaFilm carino, storia "onesta", piacevole ma non memorabile.
RispondiEliminaL'entusiasmo per la Ronan, comunque, mi pare eccessivo. :)
io l'ho sempre trovata eccezionale, ma qui splende davvero di una luce unica, un'interpretazione davvero finissima. Sul fatto che la nomination a miglior film forse sia stata troppo concordo anch'io.
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