Pietà, pietà, pietà: un'invocazione semplice, conosciuta al cristianesimo ma difficilmente comprensibile per uomini pagani e abituati ad affermare con la forza la propria supremazia, senza lasciarsi sopraffare da sentimenti che potrebbero rallentare la capacità di un grande guerriero di dimostrare il suo valore: il terzo episodio della quarta stagione di Vikings intitolato Mercy ricollega il destino di Ragnar a quello di Re Ecbert sotto la luce di un ricordo la cui fiamma è ancora viva nella memoria di entrambi, sovrani ambiziosi e spesso crudeli ma incredibilmente affascinati dall'energia positiva della conoscenza incarnata dal personaggio di Athelstan.
Per quanto l'episodio segni il ritorno di Lagertha, ben lieta di concedersi a Kalf dopo che questi aveva difeso i suoi diritti su quel feudo che un tempo le apparteneva completamente, il suo amante cospira già dietro l'angolo per uccidere Bjorn ed estendere le proprie brame di conquista eliminando pericolosi rivali: non c'è dubbio che la nostra valchiria si accorgerà presto dell'inganno preparando la propria vendetta, ma al momento sembra che per ragioni meramente logistiche (non trovandosi a Kattegat e non essendo direttamente coinvolta in nessuno degli altri due fronti principali della serie alias Inghilterra e Francia) la sua storia personale sia destinata ad essere messa da parte e a non riuscire a sostenere il peso delle altre vicende.
Impossibile non pensare a The Revenant guardando Bjorn lottare e uccidere un orso tutto da solo armato di un semplice coltello da caccia: una scena ben costruita e ben girata, che regala al giovane Alexander Ludwig l'occasione di emergere rispetto agli altri membri del cast e che dimostra come il figlio di Ragnar non abbia alcuna paura di affrontare il braccio del comando e prendere le redini del regno (la verosimiglianza del momento, considerandone il valore simbolico e senza incedere nelle stesse polemiche che hanno interessato la resistenza fisica del personaggio interpretato da Leonardo DiCaprio conta molto poco).
A Kattegat, Ragnar continua a essere del tutto immerso nel dissidio con Floki: la tortura che gli ha imposto è terribile, ma mai quanto la scoperta della morte di quella figlia per la quale lui stesso aveva scelto un nome nefasto e segnato sin dall'inizio da sventure. Impegnato in un sottile gioco psicologico per riuscire a riconquistare le grazie della nuora Judith anche Re Ecbert si abbandona come accade spesso a Ragnar al ricordo di Athelstan e di come la sua presenza, foriera di pace e serenità nel suo mondo di torbidi intrighi fosse riuscita a restituirgli la luce di un divino capace di andare oltre i limiti del cristianesimo e del paganesimo: Athelstan appare a entrambi come una visione mistica invocando pietà e misericordia, in una scena molto efficace che ci dà anche l'opportunità di rivedere per pochi minuti il compianto monaco interpretato da George Blagden che tanto ci aveva aiutato ad approfondire la conoscenza degli uomini del Nord. Ragnar segue le parole dell'amico, ma se anche Ecbert manterrà lo stesso proposito nei confronti della regina Kwenthrith è ancora tutto da vedere.
Riserviamo infine qualche parola al trattamento del Duca di Normandia; vedere Rollo esasperarsi comicamente alla corte di Francia è sempre divertente, ma forse sarebbe ora che l'Orso guerriero iniziasse davvero ad acquistare quello spessore e quella consapevolezza che tanto attendiamo, completando la sua trasformazione in condottiero franco e vincendo finalmente le resistenze della bella Principessa.
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