domenica 28 febbraio 2016

The Revenant vs Steve Jobs: fra fiumi di parole e sovrumani silenzi, nel bel mezzo di un gelido inverno



"Qualsiasi racconto tradizionale di argomento religioso o eroico, nel quale i fatti e i personaggi, sia immaginari sia desunti dalla storia (ma soggetti in questo caso a un’amplificazione fantastica che altera il dato storico), sono in genere collegati con luoghi e tempi determinati": dritta dritta dalla Treccani, questa definizione di leggenda si mette ben volentieri a servizio del mezzo cinematografico e dei suoi snodabili strumenti per consacrare il racconto di due uomini le cui vite sono state unite sotto la corona d'alloro del mito anche se per ragioni completamente differenti; Hugh Glass, guida delle montagne il cui spirito è rimasto intrappolato fra i ghiacci di un America dimenticata da Dio e dall'umanità stessa, e Steve Jobs, stella del ventesimo secolo strappata via alla vita troppo presto per non diventare un'icona assoluta da venerare, pronto ad ispirare tanti giovani col suo stay hungry stay foolish e a tenere viva la fiamma del proprio estro con tutta l'energia e ostinazione di chi è certo di avere sempre la vittoria in tasca.

Interpretati sul grande schermo rispettivamente da Leonardo Di Caprio in The Revenant e da Michael Fassbender in Steve Jobs, i nostri due protagonisti sono talmente distanti e polari che accostarli sembrerebbe un azzardo troppo grande e insostenibile: eppure, lasciando da parte la corsa all'Oscar e il duello che vedrà probabilmente trionfare DiCaprio dopo anni di prese in giro e cocenti delusioni (nessuno degli altri candidati, Fassbender a parte, è davvero in grado di contrastarlo quest'anno nella corsa alla statuetta) è la stessa leggenda e la sua capacità di vivere attraverso il potere del racconto, orale e scritto prima, cinematografico poi, a trasfigurare le loro vite e a prestarle al grande schermo per una trasposizione che sappia rendere loro la giustizia che meritano, consegnando il proprio lascito alla clemenza della nostra memoria e alla naturale deformazione che l' immaginazione non può fare a meno di produrre.

venerdì 19 febbraio 2016

Vikings 4x01: A Good Treason



Amore coniugale, amore filiale, amore fra amici e amore fra fratelli: ogni possibile declinazione del sentimento sembra destinata a soccombere miseramente nella premiere della quarta stagione di Vikings, che col suo titolo A Good Treason guarda alle spregevoli intenzioni dei personaggi con l'indulgenza con cui ogni traditore, avendo a cuore il proprio interesse e la necessità di sacrificare tutto alla sua ultima giustizia, prova a salvare sè stesso.

mercoledì 17 febbraio 2016

Poet's Corner No. 28


Dans le vieux parc solitaire et glacé
Deux formes ont tout à l'heure passé.

Leurs yeux sont morts et leurs lèvres sont molles,
Et l'on entend à peine leurs paroles.

Dans le vieux parc solitaire et glacé
Deux spectres ont évoqué le passé.

- Te souvient-il de notre extase ancienne ?
- Pourquoi voulez-vous donc qu'il m'en souvienne ?

- Ton coeur bat-il toujours à mon seul nom ?
Toujours vois-tu mon âme en rêve? - Non.

Ah ! les beaux jours de bonheur indicible
Où nous joignions nos bouches ! - C'est possible.

- Qu'il était bleu, le ciel, et grand, l'espoir !
- L'espoir a fui, vaincu, vers le ciel noir.

Tels ils marchaient dans les avoines folles,
Et la nuit seule entendit leurs paroles.

§§§

Nel vecchio parco solitario e ghiacciato
due figure poco fa sono passate.

Spenti hanno gli occhi, le labbra senza lena
e le loro parole s'odono appena.

Nel vecchio parco solitario e ghiacciato
due fantasmi hanno evocato il passato.
- Ricordi la nostra estasi d'un tempo?

- Perché mai volete che mi torni in mente?
- Ti batte ancora il cuore al solo mio nome?
Vedi ancora in sogno la mia anima? - No.

Ah! i bei giorni di felicità indicibile
che univamo le nostre bocche! - È possibile.

- Che cielo azzurro, che speranza infinita!
- Sconfitta, verso il cielo nero è fuggita.

Così andavano per le avene incolte,
le loro parole udì solo la notte.

Paul Verlaine
Colloque sentimental


mercoledì 10 febbraio 2016

Il tramonto di Re Ragnar? Arriva la quarta stagione di Vikings



Agricoltore visionario, Conte spietato, sovrano ambizioso ma pur sempre uomo, reso fragile dal dolore e dalla sofferenza tanto quanto dal desiderio di vendetta e dal bisogno d'amore: il fascino della figura di Ragnar Lothbrok è sempre stato parte integrante del successo di Vikings, la serie di History Channel che ha saputo dare nuovo lustro al genere del dramma storico e che ora si prepara a varcare i cancelli della sua quarta stagione con ben 20 episodi, un azzardo che potrebbe definitivamente consacrarne il successo o segnarne l'inizio della fine.

Difficile comprendere il motivo di questa scelta, ma pur non dubitando che l'arco narrativo offerto dalla penna di Michael Hirst sarà succoso e affascinante come al solito, la paura più grande per gli spettatori più fedeli è che il momento dell'addio a Re Ragnar, già ferito fisicamente e psicologicamente nella scorsa stagione, si stia avvicinando per lasciare posto alla nuova generazione e riavviare la quinta stagione con personaggi e storie del tutto nuove.
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