"Qualsiasi racconto tradizionale di argomento religioso o eroico, nel quale i fatti e i personaggi, sia immaginari sia desunti dalla storia (ma soggetti in questo caso a un’amplificazione fantastica che altera il dato storico), sono in genere collegati con luoghi e tempi determinati": dritta dritta dalla Treccani, questa definizione di leggenda si mette ben volentieri a servizio del mezzo cinematografico e dei suoi snodabili strumenti per consacrare il racconto di due uomini le cui vite sono state unite sotto la corona d'alloro del mito anche se per ragioni completamente differenti; Hugh Glass, guida delle montagne il cui spirito è rimasto intrappolato fra i ghiacci di un America dimenticata da Dio e dall'umanità stessa, e Steve Jobs, stella del ventesimo secolo strappata via alla vita troppo presto per non diventare un'icona assoluta da venerare, pronto ad ispirare tanti giovani col suo stay hungry stay foolish e a tenere viva la fiamma del proprio estro con tutta l'energia e ostinazione di chi è certo di avere sempre la vittoria in tasca.
Interpretati sul grande schermo rispettivamente da Leonardo Di Caprio in The Revenant e da Michael Fassbender in Steve Jobs, i nostri due protagonisti sono talmente distanti e polari che accostarli sembrerebbe un azzardo troppo grande e insostenibile: eppure, lasciando da parte la corsa all'Oscar e il duello che vedrà probabilmente trionfare DiCaprio dopo anni di prese in giro e cocenti delusioni (nessuno degli altri candidati, Fassbender a parte, è davvero in grado di contrastarlo quest'anno nella corsa alla statuetta) è la stessa leggenda e la sua capacità di vivere attraverso il potere del racconto, orale e scritto prima, cinematografico poi, a trasfigurare le loro vite e a prestarle al grande schermo per una trasposizione che sappia rendere loro la giustizia che meritano, consegnando il proprio lascito alla clemenza della nostra memoria e alla naturale deformazione che l' immaginazione non può fare a meno di produrre.