"Violets from Plug Street Wood,
Sweet, I send you oversea.
(It is strange they should be blue,
Blue, when his soaked blood was red,
For they grew around his head:
It is strange they should be blue.)
Think what they have meant to me -
Life and hope and Love and You
(and you did not see them grow
Where his mangled body lay
Hiding horrors from the day;
Sweetest, it was better so.)
Violets from oversea,
To your dear, far, forgetting land
These I send in memory
Knowing you will understand"
Roland Leighton, Villanelle
La Pace del Silenzio è un lusso che la Guerra non può permettersi: poco importa se il Fronte è lontano quanto basta per sentirsi al sicuro e se la primavera e l'estate soffiano insistenti sulle campagne come se nulla sia cambiato; il vuoto lasciato da chi se ne è andato è un fracasso di rumori assordanti che non vogliono saperne di smettere, un tarlo martellante nella testa e nel cuore che lascia gli occhi rossi di pianto e la voce troppo straziata per gridare, il mare che scroscia sulla riva senza lavare via nulla e il tintinnio degli addobbi natalizi, rimasti ad aspettare la celebrazione di una festa che non sarebbe mai arrivata, lo squillo del telefono che annuncia la catastrofe e il ticchettio dell'orologio, il tempo di una vita che si è fermato senza chiedergli il permesso; il primo fotogramma di Testament of Youth è ancora a nero quando i cannoni annunciano la notizia dell'Armistizio del 1918 ad una folla esultante, poco prima che il lamento della giovane Vera Brittain si consumi in uno sguardo raggelante, arrabbiato e fiero, che punta dritto in camera e a noi tutti.
Una nebbia di rimembranze marcata da una fotografia smorzata e da riprese volutamente morbide e sfocate, pronte ad affondare nel fango soffocante ma altrettanto determinate a inseguire il ritorno della luce, avvolge così il percorso di emancipazione e maturazione di Vera Brittain, scrittrice in fieri e animo inquieto in quel mondo ovattato che chiama ancora le sue donne a sedersi davanti al caminetto e ad aspettare il ritorno dei suoi uomini lavorando a maglia e suonando il pianoforte; orgoglio, ingenuità, stoica sopportazione e resurrezione, dipinte con contegno tutto britannico dalla svedesissima Alicia Vikander in una prova che le consegna le chiavi del film senza condizioni, impedendo ai pur ottimi e delicati Kit Harington, Colin Morgan e Taron Egerton di offuscare la sua stella.
-essenziale e pulita, fra echi e rombi lontani e note solitarie, nei suoi momenti migliori la colonna sonora di Max Richter è davvero una coltellata al cuore. Magnifica.
Davvero notevole Alicia. Considerando anche il gran bel lavoro sul personaggio in Ex Machina (film e ruolo così diversi rispetto a questo Testament), se ci fosse giustizia a 'sto mondo le spetterebbe almeno una nomination all'Oscar per migliore protagonista...
RispondiEliminaAlicia è davvero brava, io la seguo dai tempi di A Royal Affair e non mi ha mai delusa :)
EliminaIn effetti ho recuperato anche A Royal Affair e quello che credo sia il suo primo film da protagonista (titolo svedese impronunciabile, mi sembra che in inglese lo abbiano intitolato Pure). Anche quello molto buono...
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