"I'd be lost without the weight of you two on my back. I ain't going anywhere" (Ree)
C'era una volta l'America, la terra delle opportunità dove il talento era premiato e i sogni impossibili diventavano realtà, quella che a Capodanno si scatenava a Times Square e imponeva il divieto di fumare al Central Park, quella dell'alto albero di Natale al Rockefeller Center e degli imponenti grattacieli delle cities, quella del Super Bowl e delle cheerleaders nelle scuole, quella che si acceca delle luci di Las Vegas e si abbronza al sole di Miami: sembra impossibile che dietro al volto tanto familiare al pubblico straniero a suon di romantiche commedie e telefilm per famiglie viva dimenticata un'ombra scomoda e sgradevole, troppo orgogliosa e riservata per abbassare la testa e ammettere di essere stata sconfitta.
Sullo sfondo di un panorama desolato dalle sfumature quasi post apocalittiche (perfettamente sostenute dalla monocromatica e glaciale fotografia di Michael McDonough) fatto di baracche arrugginite e vecchi magazzini, foreste malinconiche dove per vincere la fame gli scoiattoli vengono cacciati e scuoiati a mani nude e una strada che in quanto a desolazione ha ben poco da invidiare a quella di Cormac McCarthy, un vento freddo che paralizza gli affetti e cancella l'umanità soffia sul “gelido inverno” di Debra Granik per raccontare la vita della giovane Ree, diciassettenne col sogno di entrare nell'esercito alla ricerca di un posto nel mondo come ogni altra sua coetanea. Un ideale punto di partenza per un commovente romanzo di formazione a lieto fine, se non fosse che Ree, figlia di uno spacciatore di droga che ha ipotecato la sua stessa casa per pagarsi la cauzione, sente già dentro di sé che probabilmente lo squallore dell'altopiano di Ozark nel Missouri, con i suoi fantasmi e il suo codice d'onore e omertà non scritto ma inviolabile, non le restituiranno mai la libertà.
Dura e determinata, ma allo stesso tempo materna con i fratellini e con la madre malata, mentre le sue compagne di classe sono impegnate a organizzare il ballo di fine anno, Ree non esita a prendersi responsabilità troppo grandi per la sua età e ad andare personalmente alla ricerca del padre, nonostante numerosi avvertimenti e velate minacce da parte dei suoi stessi parenti (perfetta l'interpretazione di John Hawkes nei panni dello zio violento e protettivo) e vicini, scontrandosi contro il muro di cemento di una comunità che le farà assaggiare polvere e sangue per un tradimento non può e non deve rimanere impunito. Già emersa in The Burning Plain, Jennifer Lawrence ci regala una performance matura e impeccabile, nel ritratto di una giovane dalla volontà di ferro disposta a tutto pur di salvare quel che resta della sua famiglia, una roccia apparentemente impossibile da scalfire, ma che proprio nel momento più topico e sconvolgente, quando quello che sembrava un thriller crudele e spietato si trasforma in un dramma dalle feroci inclinazioni horror, cede il passo a una semplice adolescente sconvolta e disperata che ha solo bisogno dell'amore e del sostegno dei suoi cari e che non avrebbe mai voluto essere lì.
Tratto dal romanzo di Daniel Woodrell e candidato a 4 premi Oscar, Winter's Bone scava nel cuore più triste e disilluso degli States, dove l'incantesimo è andato in pezzi e il sogno americano ha smarrito sé stesso, per tornare alle ossa di una Nazione che si professa invincibile e che invece, immensa e imprevedibile, seppellisce il suo dolore fra le montagne.
Un film magnifico, tra i miei preferiti di quest'anno.
RispondiEliminaOttimo pezzo, mi è parso di tornare in mezzo a quel paesaggio desolato.
Grande anche il riferimento a McCarthy.
Scene cult sicuramente quelle in cui Ree insegna ai suoi fratelli ad usare il fucile per sopravvivere, o quella in cui impartisce lezioni su come scuoiare uno scoiattolo.
RispondiEliminaDavvero un'ottima recensione! Devo vedere il film e voglio leggere anche il libro :)
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