mercoledì 9 marzo 2011

Black Swan


"I had the craziest dream last night about a girl who has turned into a swan, but her prince falls for the wrong girl and she kills herself. " ( Nina )


Bene e male, bianco e nero: la lotta tutta interiore fra purezza e oscurità è un pasto succulento del quale il grande schermo è abituato a nutrirsi  ma che raramente ha dimostrato di possedere una fame pari a quella di " Black Swan ". Sovraccaricare il pubblico di grande impegno fisico e mentale sembra una  missione per Darren Aronofsky, che nel tracciare complesse ragnatele narrative( tratto felice che condivide con il qui amatissimo Christopher Nolan ) tiene sempre il piede sull'acceleratore finendo a volte per  precipitare ( la sottoscritta si chiede ancora quale fosse il senso del filosofico e presuntuoso " the fountain " ): rischio calcolato anche nel suo ultimo lavoro, che pur portando la firma unica del regista americano riesce però a trovare nell'asfissiante spirale degli eventi una linearità narrativa in continuo crescendo fino all'esplosione finale.


Difficile se non impossibile da classificare in un preciso genere cinematografico, la  pellicola regge la sua architettura su pilastri da sempre ritenuti fragilissimi: l'impeccabile riflesso del mondo del balletto fatto di sicurezza e autocontrollo  e la crisi delle certezze di un thriller psicologico dove gli specchi si infrangono generando smarrimento e soprattutto umanità.
Non è la prima volta che il rigido mondo della danza classica viene filtrato attraverso la macchina da presa  ma  non è un segreto che il fenomeno sia non solo assai poco esportabile per un uso mainstream, ma anche difficile da empatizzare per chi non possa dirsi esattamente un esperto. Eppure, black swan riesce in tutto e per tutto ad essere quello che l'elegante e documentaristico "the company" di Robert Altman non era: basta osservazione fredda e distaccata  di una disciplina inaccessibile, basta reverenza e rispetto puramente celebrativo  perchè una ballerina non è una bella porcellana da esporre ma figura in bilico fra sacrificio e sofferenza, sudore e sangue, che patisce il trauma di un corpo plasmato e trasformato dai troppi movimenti e dalle tante distorsioni, le ossa dei piedi che scricchiolano nelle scarpette quando la musica è troppo alta perchè qualcuno se ne accorga , l'ossessiva ricerca del movimento perfetto in uno specchio che, nella spietata rivalità dell'ambiente, resta il tuo unico amico  o forse la tua stessa nemesi.

Una vita per l'arte dunque quella di Nina: per lei, condannata alla prigionia nella sua stanza rosa di bambole e peluche come la ballerina nella scatola del carillon, incapace di provare piacere ed emozioni sotto il peso di una madre possessiva piena di rimpianti che cerca tenerla nell'infanzia, il viaggio verso la scoperta del lato oscuro passa per il tentativo terapeutico( i consigli  del coreografo Thomas con tanto di macchie di Rorschach sulla parete non sembra molto lontani da quelli di uno psicologo ) verso la paranoia e lo sdoppiamento, incidendo le sue cicatrici nella carne e nella mente fino alla mutazione più estrema: l'incarnazione in quella perfomance che non può e non deve rimanere meramente artistica.

Morire per la perfezione di un momento è un compromesso accettabile? 
Quando il talento tocca le corde del sublime in modo irripetibile, invece di condannarsi all'anonimato dell'appellativo di "piccola principessa" che viene affibbiato a ogni nuova  protégé e all'oblio (profetica è la rimpiazzata prima ballerina di una Winona Ryder che sa bene cosa vuol dire essere dimenticati  dal sistema ), Nina sceglie l'immortalità come l'usignolo della fiaba che per far fiorire la rosa più bella preme nella spina fino a morire del suo canto meraviglioso: un grande prezzo da pagare per saltare nel vuoto e volare via, finalmente libera, dalle catene del tempo in cui sarebbe stata prigioniera per sempre.

Leggera ed eterea, fragile e terrorizzata, inquietante e perfida, Natalie Portman danza in camera divorando lo schermo e governando la messa in scena in modo indiscusso, sulle note dell'immortale lago dei cigni di Čajkovskij ( già prestato al cinema se pur con diversi toni in " Billy Elliot " ) chiave di volta di una tensione che, nella battaglia per la supremazia fra cigno bianco e nero , con le sue piume si insinua sotto la pelle  per tornare a prudere improvvisamente quando credevi di aver dimenticato un film che difficilmente potrà mai esserlo.

Considerazioni post Oscar: statuetta per Natalie Portman assolutamente meritata . Si sarebbe potuto fare qualcos'altro? Forse per una volta, invece di consegnare l'Oscar per i migliori costumi come da tradizione a pellicole non contemporanee anche in modo scandaloso ( premiare Alice in wonderland con qualunque tipo di riconoscimento è a priori sconvolgente ), sarebbe stato meglio riconoscere il valore degli splendidi costumi di Amy Westcott e delle scenografie di Thérèse DePrez, ma considerato che non avevano dato neppure la nomination  resta solo una mia fantasia; stesso trattamento per la colonna sonora di Clint Mansell, che in quanto non originale perchè composta su variazioni non è stata chiamata a concorrere.Vogliamo per cortesia introdurre la categoria delle colonne sonore non originali?

4 commenti:

  1. Un film che non si può dimenticare, nel bene e nel male, e un'ottima conferma di Aronosfky dopo gli infelici lavori precedenti a The wrestler, che comunque resta il mio preferito.

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  2. Fantastico...visivamente perfetto, psicologicamente ipnotico. Aronofsky ha fatto decisamente il salto di qualità.

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  3. pensavo di averlo già commentato, ma si vede che blogger si è mangiato le mie parole :)

    il mondo della danza non mi ha mai attirato molto, ma qui si racconta la storia di un personaggio universale (e poi pure la rappresentazione del balletto assume qui un enorme fascino).
    ribadisco quanto ripetuto già più volte: capolavoro!

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  4. mi ha davvero travolto!un'esperienza incredbile..avevi ragione!

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