"Qui, nei prossimi sei mesi, sarebbero state riunite tutte le nazioni i cui complessi rapporti, i cui conflitti e alleanze, le cui dense, intricate storie avevano forgiato e avrebbero continuato a forgiare il destino dell’umanità. E al centro di tutto ciò, c’era questa fulgida pazzia: un gigantesco reticolo di sfere, interconnesse, imperiture, ciascuna emblematica di quella minuscola unità che l’uomo aveva imparato a dividere solo recentemente, con conseguenze a un tempo allarmanti e meravigliose: l’atomo. La sola vista gli faceva battere forte il cuore."
è un'alba gelida e incerta, ma egualmente piena di speranze e ottimismo, quella che risveglia l'Europa dal suo torpore all'indomani della Seconda Guerra Mondiale: voglia di ricostruire e di ritrovarsi, rinsaldare un'identità provata dalla consapevolezza che le ferite aperte dal conflitto sono tutt'altro che guarite e che la Guerra Fredda sta già lavorando senza sosta, rannicchiata silenziosamente nell'ombra, creando nuovi inconciliabili schieramenti; ancora lontana anni luce dalle frizzanti e rivoluzionarie atmosfere della Swinging London, l'Inghilterra del 1958 cerca protezione sotto una campana di vetro e aspetta, mentre ogni giorno si ripete uguale a sé stesso in una rassicurante quanto grigia monotonia, guardando al continente come a un faro di opportunità dove tutto può è ancora possibile.
è una realtà in divenire e piena di contraddizioni quella che Jonathan Coe ha scelto come cornice per Expo 58, suo ultimo attesissimo lavoro che usa la maschera della spy thriller per raccontare una storia di nostalgia e di rimpianti, interamente sostenuta sulle spalle della sua suggestiva ambientazione.