martedì 3 gennaio 2017

Sherlock 4x01: The Six Thatchers


Dopo due anni di iato e di hype alle stelle (l'apporto dato dallo speciale natalizio alla progressione della trama orizzontale non è stato irrilevante ma comunque minimale), Sherlock è finalmente tornato in onda sulla BBC e di riflesso, appena 24 ore dopo la messa in onda, reso disponibile con tempismo ammirevole sull'ormai amatissima piattaforma di Netflix: Martin Freeman e Benedict Cumberbatch hanno visto volare alto le loro carriere, la febbre scatenata dalla serie di Steven Moffat e Mark Gatiss è passata da tempo lasciando il posto a nuove e più fresche mode televisive, ma il nostro amore nei confronti del grande Detective e dell'adattamento contemporaneo e pur leale verso il Canone delle sue storie non è mai venuto meno; scritto da Mark Gatiss, incaricato ancora una volta di risvegliare i personaggi creati da Sir Arthur Conan Doyle dal loro lungo sonno, The Six Thatchers si ancora saldamente allo spunto letterario dell'avventura dei Sei Napoleoni intrecciandola a un plot originale e necessario (era difficile immaginare che gli eventi di A.G.R.A. rimanessero silenti ancora a lungo), cucito il più possibile addosso a quei personaggi che non potevano e non dovevano restare gli stessi individui conosciuti all'epoca di a Study in Pink.

L'amore e l'amicizia hanno risvegliato in Sherlock un'umanità che il nostro credeva di poter opportunamente cancellare e che mai si sarebbe aspettato di voler possedere, finendo per mettere alla prova non solo la sua volontà di gestire al meglio tale nuova sensibilità ma anche quella di chi desiderava con tutto il cuore difendere la normalità dei propri sentimenti, ritrovandosi invece affascinato dal ricordo di un'esistenza imprevedibile e priva di affetti: nel bel mezzo di un intrigo spionistico un po' avvitato ma non più cervellotico del solito, Mary inciampa nel retaggio del suo passato e del colpo di pistola di his last vow, sparato con freddezza giustificata ma mai davvero compresa e perdonata, mentre annoiato dalla semplicità della nuova realtà paterna e domestica Watson si permette per un attimo di abbandonarsi alla debolezza di una fantasia priva di rigurgiti e pianti notturni di bambino, quando l'unica cosa a tenerlo sveglio era l'ebbrezza di una nuovo caso da risolvere con Sherlock e le donne non si trattenevano nella sua vita mai troppo a lungo.

In un modo o nell'altro, tutti pagheranno in un plot twist finale prevedibile e atteso (come da canone, gli unici dubbi erano il quando e il come) che pecca forse di melodrammaticità e ovvietà, ma che si rivela la migliore soluzione possibile per permettere ai personaggi di uscire da un equilibrio stagnante e restare immobili troppo a lungo, incalzati dal dolore ma egualmente fedeli a stessi per affrontare la nuova minaccia di cui ancora poco o nulla conosciamo ma che sembra condurre a un'unica inquietante meta; l'appuntamento con La Morte, che paziente attende il Mercante nella città di Samarcanda.

I riferimenti al canon più o meno sottili non mancano, Il Caso di puntata tiene banco con una risoluzione più classica di quel che sembra e in puro stile Gatiss (da sempre più semplice e meno vivace nella narrazione del temibile Moff), mentre humour e dramma si consumano insieme e le deduzioni passano dall'essere un gradevole divertissement al divenire un pericoloso innesco mortale: Sherlock è tornato e la ricetta del suo successo è ancora lì, resistente al tempo e alla stanchezza, in barba alle imperfezioni e alle più ingombranti aspettative.

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