giovedì 8 settembre 2016

Escobar- Paradise Lost




Inutile sperare di trovare in Escobar- Paradise Lost la vera storia del Re del Narcotraffico: a dispetto del titolo e della locandina monopolizzata dall'inquietante sguardo di Benicio Del Toro, il film di Andrea Di Stefano non racconta del dettaglio la vita del Patron preferendo filtrare gli eventi di quegli anni attraverso lo sguardo di Nick, ragazzo canadese arrivato in Colombia per inseguire come molti stranieri il miraggio di luoghi incontaminati e di un'esistenza fuori dagli schemi, innamorato della nipote di Escobar e lentamente abbagliato tanto dal carisma dell'uomo quanto dalla apparente onnipotenza.

Usare un personaggio di finzione per arrivare più vicini all'uomo impossibile, cercare di catturarne il mistero e la fascinazione, attraverso gli occhi di un ragazzo che finirà col pagare a caro prezzo la propria ingenuità e incoscienza; uno spunto collaudato che ricorda molto da vicino l'Ultimo Re di Scozia di Kevin McDonald, non solo a livello narrativo ma anche anche nel forte contrasto visivo fra il lussuoso benessere in cui nuota beatamente Pablito, circondato da una famiglia numerosa di parenti e amici grati e riverenti, e l'efferata violenza che il Patron scatena contro chiunque si frapponga ai suoi interessi: nulla ci viene risparmiato, donne bambini e persino neonati cadono sotto le armi e impiastrano del loro sangue la luce ocra, ruvida e sudata delle favelas colombiane, nessuno sfugge a Pablo Escobar, buon padre di famiglia e devoto cattolico, figlio di una Nazione disperata che ogni giorno chiede a Santi e Madonne di salvare il suo benefattore più prezioso, in cerca di una qualsiasi salvezza per sé stessa.

Ammazzato da una lunghissima premessa il film fatica a decollare, alcune ovvietà di sceneggiatura e un montaggio disordinato rischiano di fargli perdere quota in più di un'occasione, ma nei minuti finali la tensione tiene bene e il giovane Josh Hutcherson regge quasi tutto il film da solo facendo un buon lavoro, con un Benicio Del Toro in ottima forma (per quanto più adatto a vestire i panni del Che che quelli di Escobar) ma necessariamente fuori fuoco.

Alla fine, non un capolavoro ne il film definitivo su Pablo Escobar ( per quello tocca rivolgersi alla meravigliosa Serie tv Narcos di Netflix), ma uno spunto interessante, per quanto un po' convenzionale, apprezzabile nel suo tentativo di raccontare una storia enorme e ingombrante per avvicinarla il più possibile allo spettatore: una nota di merito non da poco, per un attore italiano al suo esordio dietro la macchina da presa. 

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