sabato 7 maggio 2016

Gli anni al contrario


"Bisognava solo che quelle stupidaggini passassero: tutto passava, specialmente la gioventù."


Gli anni al contrario di Nadia Terranova è la prova che per trovare il cuore di una storia e dei suoi protagonisti non occorre macerare la lunghezza di un tomo con fiumi d'inchiostro e scegliere una prosa forbita: figli di due padri agli antipodi per idee ed estrazione ma entrambi vittime in un modo o nell'altro di quella forza irresistibile che porta i genitori a condizionare le scelte di vita del loro stesso sangue, Aurora e Giovanni si conoscono e si innamorano all'Università sognando che lo studio regali loro l'emancipazione dalle famiglie e l'opportunità di fare davvero la differenza; la loro danza è un Valzer instabile che si consuma in fretta, passando dall'azzurrino dell'innamoramento e degli ideali pieni di speranza(mai copertina fu poeticamente più azzeccata) al bianco del matrimonio e al rosa della nascita, con una bambina frutto di un' incoscienza giovanile pronta a farsi guidare dagli imprevisti perché ogni cambiamento ha il sapore dell'ignoto da esplorare e per fare gli adulti ci sarà sempre tempo.

Purtroppo, tutto passa, specialmente la gioventù: il ritmo della danza si fa frenetico e i passi pesanti, come l'amarezza dell'esistenza che tradisce le aspettative e domanda qualcosa che nessun' anima di bambino potrebbe mai accettare per sé stessa, gli anni corrono via uno dietro l'altro annebbiando il sentimento di insoddisfazione e impotenza, mentre Aurora e Giovanni tentano di seguire il ritmo forsennato del tempo finendo per perdere l'equilibrio e cadere, senza trovare mai del tutto la forza di rialzarsi e ripartire.


Intorno ai protagonisti ci sono i due capifamiglia, l'Avvocato e il Fascistissimo che confabulano teneramente nel tentativo di mettere in riga i loro ragazzi e proteggerli dalla stessa disillusione che in modo diverso aveva afflitto anche loro, gli amici di Giovanni col fascino bohemienne di chi riesce sempre a stare al centro del mondo e a fare la cosa giusta, la dolce sorellina di Aurora capace di trovare dolcezza laddove dovrebbe esserci solo grevia rassegnazione, la Droga e i suoi fantasmi che si aggirano nella notte fra i vicoli e le stazioni promettendo sollievo ad anime inappagate e infelici e soprattutto Mara, la figlia di Aurora e Giovanni, che guarda ai genitori con gli occhi del racconto conscia di quanto abbiano bisogno d' amore e perdono e non di giudizi taglienti; pulita e scorrevole, la prosa di Nadia Terranova li segue e li accompagna tutti, senza risparmiarci la crudeltà di una discesa verso il baratro inarrestabile e dolorosa ma anche concedendosi tratti di grande delicatezza e commozione, sullo sfondo di una Messina che si fa Terra di confine in bilico su quello Stretto che la taglia e la protegge dal resto del mondo.

"Moglie e figlia dormivano abbracciate sul divano, vestite di tutto punto e pronte per uscire. Il sonno le rendeva uguali, pensò Giovanni, e si disse che i grandi, in fondo, non sono che bambini sopravvissuti."

Se non ci fossero stati gli anni 70', l'eredità di una promessa di rivoluzione spezzata dal miraggio della lotta armata e da un sistema capace solo di fagocitare sè stesso e mimetizzare le sue mancanze fra gli sbuffi di fumo delle riunioni di partito, forse il destino di Aurora  e Giovanni sarebbe stato diverso, o forse no: alla fine, siamo tutti figli di genitori speranzosi e risoluti e ci culliamo nell'imbattibilità di una gioventù piena di aspirazioni e sogni, solo per essere subito dopo abbandonati a noi stessi dalla solita gretta e ben oliata macchina di fango e scartoffie.

Così, mentre il soffitto ci schiaccia col peso di una solitudine troppo grande e dell'incognita del domani cerchiamo di dare quello che possiamo e di trovare la persona giusta, di sopravvivere alla somma di tutti gli errori commessi, dei lutti e delle delusioni, confidando che le cose buone che facciamo siano abbastanza da bilanciare il contraccolpo; per continuare a ballare, traballanti e incerti ma ancora resistenti, il valzer di una vita che ci fa girare sempre al contrario ma il cui ritmo resta sempre irresistibile.

"Dunque, ecco i miei occhi: quelli della picciridda che quando nacque spaventò suo nonno più di un mafioso e meno di un professore di matematica. Non sono seducenti come quelli di mio padre né lunari come quelli di mia madre; sono la mia valigia, la mia infanzia senza tempo, la certezza che me la caverò perché me la sono già cavata – sono semplicemente tutto ciò che mi serve per continuare a raccontare."

3 commenti:

  1. Non conosco l'autrice ma la tua recensione mi ha davvero colpita .Lo leggerò e magari ne riparleremo.
    Ciao

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie! mi fa piacere :) attendo un tuo parere allora, A presto!

      Elimina
  2. Ciao Alessia!
    Ti assegnato un altro premio per il tuo bel blog, vieni a prendertelo! :)

    http://solaris-film.blogspot.it/2016/05/liebster-award-2016.html#more

    RispondiElimina