mercoledì 3 settembre 2014

My Summer of No Discontent: Richard III, Trafalgar Studios

My Kingdom for a Ticket
Il 22 agosto 1485 la battaglia di Bosworth Field segnava la fine della Guerra delle due Rose e l'inizio della dinastia Tudor: la vittoria ha comprato la pace consegnando l'ultimo sovrano degli York Riccardo III alla memoria di un ritratto infedele e artefatto, ingiustamente eppur magnificamente pennellato da Shakespeare come il prototipo di una malvagità mascherata, machiavellica e codarda all'occorrenza.

Biasimare il Bardo per l'increscioso equivoco non sarebbe corretto: la leggenda dell'indole e della fisicità mostruose di Riccardo (beffato fino alla fine da un'indecorosa sepoltura sotto un parcheggio a Leicester) erano già parte del folclore molto prima che Shakespeare nascesse e la cara Regina Elisabetta I, diretta discendente dell'ultimo Erede dei Lancaster, non avrebbe potuto godere di una versione della storia più gradita alla sua Casata.

Ciononostante, fare pace con un ritratto propagandistico come quello offertoci dal Richard III e proteggere le mie simpatie per il personaggio storico dalla devastante villania del suo gemello letterario è stato più difficile del previsto. Quale miglior occasione per fare ammenda di un'esperienza unica in teatro con uno dei miei attori preferiti?

MY SUMMER OF NO DISCONTENT

La prima volta in cui metti piede in un Teatro Londinese non si scorda mai: tornare una seconda volta nella Capitale in così breve tempo (ero già salita in aprile, per una vacanza molto più invernale e rinfrescante) era già una grande impresa, ma quando ho scoperto di poter addirittura prendere i biglietti per il Riccardo III diretto da Jamie Lloyd( in scena fino al 27 settembre) con Martin Freeman come protagonista la gioia si è trasformata in pura incredulità: dato che avere i biglietti nelle mie mani non era abbastanza, in perfetto stile San Tommaso ho dovuto attendere il fatidico 2 agosto per realizzare finalmente, una volta trovato il mio posto e gettato lo sguardo al palcoscenico, ciò che sarebbe accaduto di lì a pochi minuti( UN VERO SPETTACOLO! IN UN VERO TEATRO BRITANNICO! CON UN VERO MARTIN FREEMAN! SU UNA VERA OPERA DI SHAKESPEARE! IN UNA VERA LONDRA! Tranquilli, non troverete urla estatiche nel paragrafo seguente, credo).

The Calm before before The Storm
Pur essendo sedute abbastanza in alto( I was with my sister, for the Record), date le ridotte dimensioni del locale (molto più piccolo di quanto pensassi) i Trafalgar Studios ci hanno dato non solo l'opportunità di godere di un'ottima visuale ( rendendo di fatto non necessario l'ausilio del leggendario binocolo da teatro di mia nonna prestatoci per l'occasione) ma anche di entrare immediatamente in sintonia con la scena, grazie a un'atmosfera che non avrebbe potuto essere più intima e raccolta.

The Office UK
In attesa che tutto inizi, ci soffermiamo sulle scenografie e sul contesto storico i cui si muoveranno i personaggi: travolto da un'ondata di proteste e radicata insoddisfazione, il "Winter of Discontent" del 1979 fu gravato fra le altre cose anche dalla minaccia di un colpo di stato ( le accuse non vennero mai provate, ma la questione è ancora oggi oggetto di dibattito) ai danni dell'inconcludente Primo Ministro di allora Harold Wilson, sintomo allarmante di un malcontento che sarebbe presto sfociato nella vittoria della Lady di Ferro Margaret Thatcher; il destino di York e Lancaster si decide dunque sul pavimento a scacchi di un ufficio, gli schieramenti spezzati da due ingombranti scrivanie disposte l'una di fronte all'altra insieme a altri oggetti di arredamento vintage.

Bigger on the inside, sort of
Stimolante e azzeccata per catturare l'empatia del pubblico ma senza dubbio rischiosa e poco pratica, la scelta di disporre alcuni posti a sedere addirittura alle spalle della scena sembra destinata a sacrificare ulteriormente lo spazio d'azione disponibile: difficile immaginare come la Battaglia di Bosworth Field possa prendere vita fra piantine d'appartamento e sedie da studio verdognole, ma bastano i primi caotici minuti per smentire le incertezze e imporre una visione determinata a camminare sulle rigide spalle dell'attualità piuttosto che della storicità del Dramma.

PROGRAMS!
Le luci si abbassano, il silenzio inghiotte il teatro e tutti ci guardiamo intorno immobili e sospettosi, certi che la quiete del momento verrà fragorosamente interrotta a un nostro minimo accenno di distrazione: in un attimo due televisori situati ai lati del palcoscenico si accendono al massimo volume bombardandoci con rumorose e caotiche immagini di guerra, biglietto da visita di un equilibrio di poteri tenuto in piedi con gli spilli in un clima di terrore e paranoia.

Come catturate in un frame e messe in standby nel corso di un'ideale prosecuzione delle trasmissioni, le grandi menti che hanno prodotto il colpo di stato avanzano protette dalle loro maschere antigas per poi gelarsi improvvisamente, lasciando così all'attesissimo Riccardo di Gloucester il suo momento di gloria: l'effetto contribuisce a regalare all'allestimento un tocco pop in armonia con la vistosa irriverenza delle atmosfere anni '70(indimenticabile in tal senso anche l'intensissimo azzurro della camicia di Anthony Rivers), ma nel confondere l'efferatezza della personalità di Riccardo fra le righe di quello che ha tutta l'aria di essere un programma di partito, Jamie Lloyd conferma soprattutto il suo interesse per la Tragedia dell'uomo comune avvelenato dal mantra della politica e di aver cercato l'approccio del "personaggio" Martin Freeman con precisa cognizione di causa.

John Watson, Bilbo Baggins, Lester Nygaard: Martin Freeman interpreta tutti con la stessa sfacciata umanità, un sorriso appena accennato fra la beffa e la rassicurazione che potrebbe preservarsi indenne all'ombra di un'esistenza solida e ordinaria, annegando ogni turbamento nella malinconia di uno sguardo.
Nel profondo, qualcosa di pericoloso e oscuro rimane però paziente in attesa: sotto il peso delle responsabilità, del rimorso, di una cieca e ritrovata ambizione personale, l'eccezionale straordinarietà del singolo trova modi imprevedibili per manifestarsi, pendendo pericolosamente fra bene e male e annullando ogni ragionevole discernimento.

Con un braccio inerte e una gobba posticcia sotto l'ingombrante uniforme militare, questo Riccardo di Gloucester si muove sicuro e inflessibile nella nuvola del suo ambizioso disegno, senza disdegnare inflessioni di amara e tragica ironia assecondate al meglio dal lavoro di Freeman: è la concreta ascesa al Trono di Riccardo a dare all'attore l'opportunità di abbandonarsi all'ira di una performance fortemente dinamica e fisica, forte di efferati omicidi e duelli mozzafiato.

Mentre Freeman accarezza nuovamente l'infame Anello del Potere, lo spettacolo si plasma intorno a lui grazie a una splendida compagnia di attori e a soluzioni sceniche curiose e ben riuscite, tali da non soffrire minimamente della risicata e apparentemente preoccupante divisione degli spazi: la splendida e lacerata regina Elizabeth di Gina McKee si trasforma in un'impotente First Lady e il Duca di Buckingham in un rampante Spin Doctor, Il Duca Di Clarence rinuncia alla Malvasia per annegare in un acquario e il sentore di morte di Anne Neville si concretizza in un'efferata fine per strangolamento, la congedata Regina Margaret inganna la maggior parte degli astanti mimetizzandosi vicino al pubblico ancor prima che inizi lo spettacolo(quando si è alzata ed è entrata in scena siamo rimaste di sasso), per poi lanciare la sua raggelante maledizione e attenderne con pazienza il decorso; quando il Conte di Richmond e nuovo Re d'Inghilterra Henry Tudor occupa la poltrona del comando con inequivocabile arroganza, lo sguardo deluso delle vecchia Profetessa dice parecchie cose su quanto sia facile per la malattia dell'ambizione colpire e consumare le sue vittime.

Al culmine di un linea di sangue che alterna lo splatter degli schizzi sul pubblico a raffinate citazioni cinematografiche (la testa del Duca di Clarence imballata e spedita in un pacco grida "Seven" da ogni angolazione), la Battaglia di Bosworth Field prende vita senza sbavature grazie a un commando di soldati e alla violenta sparatoria che ne consegue (gli effetti sonori sono da togliere il fiato), mischiandosi alla scena dei Sogni premonitori di Richard e Richmond per aggiungere maggiore sconcerto allo scontro sul Campo.

Dopo una lunga e meritata Standing Ovation, gli attori si congedano dalla scena e inizia l'attesa, ahimè del tutto vana, per la Stage Door: avrei voluto dire a Martin con quanta ammirazione seguo il suo lavoro e quanto sia stato emozionante poterlo finalmente vedere in carne e ossa in un simile contesto, avrei voluto dire a Gina che è una splendida attrice a aver recuperato in tempi recenti il suoWonderland non ha fatto altro che confermarlo, ma purtroppo non è stato possibile.

say hello to the stage door
Ad ogni modo, it doesnt' matter: ho avuto l'opportunità di assistere a uno spettacolo divertente, sanguinoso, spaventoso ed emotivamente devastante, di assaporare l'ebbrezza di vedere Shakespeare in un teatro britannico e di tremare per l'efferatezza della messa in scena e la violenza degli effetti sonori, di vedere uno dei miei attori favoriti guidare una splendida Compagnia con un ruolo problematico e terribilmente attuale, di fare pace con il Riccardo III di Shakespeare e con le distorsioni, marcate dal pettegolezzo e dall'interesse, di un uomo che ebbe la colpa di cedere alle debolezze dell'umano sentire tanto quanto i suoi successori e predecessori.

IT REALLY HAPPENED

Ps: un carissimo saluto a Elena, amica twittera che ho avuto il piacere di conoscere personalmente in quest'avventura. Alla prossima! :)

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