sabato 3 novembre 2018

First Man


"I don't know what space exploration will uncover, but I don't think it'll be exploration just for the sake of exploration. I think it'll be more the fact that it allows us to see things. That maybe we should have seen a long time ago. But just haven't been able to until now."


"Here's to the ones who dream, crazy as they may seem": i sognatori di Damien Chazelle ci piacciono così, sempre forti di quella determinazione un po' cieca e un po' incosciente che ti mantiene dritto sulla via dell'obiettivo, non importa quanti tagli e cicatrici ci vorranno e quanto possa essere alto il prezzo domandato, che sia la fine di un amore, il trincerarsi in una gabbia di vetro dove nessuno potrà mai raggiungerli o addirittura la vita stessa, con la morte di tanti colleghi e un'elevata probabilità di seguire il medesimo tragico destino; non per la notorietà, non per la gloria, ma perché solo una volta toccate le stelle sedare il dolore e trovare pace diverrà finalmente possibile.

C'è tanto del romanticismo di La La Land e del sangue e delle batterie di Whiplash nel viaggio del First Man Neil Armstrong, il più classico dei Ryan Gosling, pilota taciturno e imperscrutabile reso ancora più schivo da una tragedia personale per la quale non esistono parole: sostenuto con coraggio dalla paziente moglie (una battaglia di primi piani sugli occhi azzurri della bravissima Claire Foy) e dagli amici più stretti ma egualmente solo e sempre altrove, incastrato nelle anguste postazioni di comando coi suoi fantasmi in attesa che questi possano volare via, liberi nel silenzio dello spazio infinito.