sabato 3 ottobre 2015

Cinderella



La mia amica di Downton Abbey Lady Edith dopo aver visto Cinderella

Sii Gentile e abbi coraggio, non lasciare che le avversità della vita distruggano il tuo spirito gioioso e vedrai che prima o poi la tua fortuna cambierà, dimentica il presente e il sogno realtà diverrà: chi aveva ancora qualche dubbio sul perchè la Disney abbia ritenuto necessario un nuovo adattamento della fiaba di Cenerentola troverà in queste parole, recitate come un mantra anche se con qualche sfumatura in meno dalla madre della Protagonista e a quest'ultima lasciate in generosa eredità, le risposte a molte delle sue domande; diretto da Kenneth Branagh con scenografie e costumi in gran spolvero e un cast che vede curiosamente Cate Banchett nel ruolo di Evil Queen e Helena Bonham Carter in quello della Fatina Buona, in qualità di versione live action dell'indimenticabile film d'animazione del 1950 Cinderella va subito ad occupare il suo posto nel lungo listino di remake incoraggiato con profitto dalla Casa di Topolino, decisa ad evitare accuratamente di correre rischi con un'idea originale e non collaudata da anni e anni di nostalgia per i classici del passato; con ben pochi spunti da offrire al presente cinematografico, Cinderella rende giustizia alle capacità del regista Shakespeariano per eccellenza con una messa in scena sfavillante, ma non si sforza nell'infondere anima ad una storia che per quanto arcinota avrebbe saputo egualmente riproporsi al pubblico come autentica e stimolante.

L'inclinazione alla gentilezza che la sceneggiatura di Chris Weitz sceglie per la psicologia della giovane Ella non sarebbe stata di per sé un problema, guardando con occhio non troppo cinico al target di riferimento e a quella tradizione Disneyana di principesse volenterose di cui il lungometraggio animato è uno dei più forti sostenitori; eccezion fatta per la matrigna di Cate Blanchett, l'unica a poter giustificare la sua cattiveria a ragione di un secondo marito sposato per necessità che comunque non avrebbe mai potuto darle il conforto di un affetto sincero, a compromettere Cinderella è piuttosto la scelta di rieditare il passato mandando avanti col pilota automatico personaggi che non riescono a evitare la caricatura delle loro controparti animate, schiacciati dentro costumi cartooneschi che finiscono per rendere artificiose anche le performance dei rispettivi proprietari; non basta il leggero conflitto interiore nel Principe Kit(accettare l'impeccabile dentatura Mentadent di Richard Madden si è rivelato più difficile del previsto) a far dimenticare le pacchiane e macchiettistiche Sorellastre, né la pessima trasformazione del delizioso Duca Monocolao del cartone in un villain per poi rendere inutile il suo apporto alla storia.

Troppo impegnata a non scontentare nessuno, Cinderella preferisce presentare una linda confezione sciacquando via persino le più indimenticabili trovate del film originale, rinunciando a portare sullo schermo lo humour, il dramma e la tensione narrativa che hanno reso indimenticabile la prima Cenerentola: i topini e il gatto conservano i loro nomi di battesimo per la gioia dei fan, ma la scena della trasformazione della Zucca e i bisticci di Anastasia e Genoveffa non riescono mai a innescare scene di sincero e genuino divertimento; del tutto spogliate della suspense quasi hitchcockiana che le animava, le scene della distruzione del vestito e quella della fuga di Cenerentola dalla Torre sono solo mediocri copie di un passato glorioso e non ancora dimenticato.

Resta un Palazzo Reale che replica nei barocchismi dello sfarzo il grande salone del Castello di Elsinore, una danza coreografata che fa volteggiare energicamente i suoi ballerini come se fossimo nell'Anna Karenina di Joe Wright, un vestito sei metri di velo colore del cielo e uno splendido abito da sposa con motivi floreali e inserti di farfalle, ma sotto la cascata di cioccolato plastico tutta lustrini e decorazioni che ricopre questa imponente Torta multistrato il sapore dell'impasto resta tristemente insipido.


Bionda e magra come un fuscello, Lily James ha giusta carineria (e antipatia) per muoversi nella Nuvola di Zucchero senza difficoltà, ma è difficile non ripensare con nostalgia e rimpianto a quella Drew Barrymore che con cuore generoso ma altrettanto coraggio e carattere (oltre a dei tratti fisici decisamente più morbidi e comuni di quella dell'attrice inglese) riempiva di passione e freschezza Ever After (La Leggenda di un Amore - Cinderella) di Andy Tennant nel 1996; far rinascere Cenerentola come una signorina che legge Utopia di Tommaso Moro, urla contro le sorellastre e le prende per i capelli in preda alla rabbia, si sbraccia per risolvere i suoi problemi e va al ballo con scarpette a tacco basso e non quei trampoli vertiginosi da rottura di piedi che Cinderella tenta addirittura di venderci come comodi (se voleva essere una battuta non è per niente divertente) è un colpo da maestro che non si batte, per non parlare del fatto che complice l'ambientazione cinquecentesca la fata madrina era niente di meno che Leonardo Da Vinci: solo un'altra ragione per essere grati ai cari vecchi gloriosi anni 90'.


 Sorry Ella, Drew Barrymore STILL RULES.

3 commenti:

  1. Bella recensione! Io "Cindarella" l'ho visto in Dvd qualche mese fa e mi è piaciuto anche se l'ho trovato un po' troppo simile alla storia originale. La leggenda di un amore - Cindarella, non l'ho visto, devo recuperare: questa moderna Cindarella mi attrae!

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  2. Se vuoi dai un'occhiata al mio blog, parla di cinema➡ gattaracinefila.blogspot.it

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