martedì 25 agosto 2015

I never had that many friends growing up


I never had that many friends growing up
So I learned to be
Ok with
Just me, just me, just me, just me
And I'll be fine on the outside

I like to eat in school by myself
Anyway
So I'll just stay
Right here, right here, right here, right here
And I'll be fine on the outside

So I just sit in my room after hours with the moon
And think of who knows my name
Would you cry if I died
Would you remember my face?

So I left home, I packed up and l moved
Far away
From my past one day
And I laugh, I laugh, I laugh, I laugh
And I sound fine on the outside

Sometimes I feel lost, sometimes I'm confused
Sometimes I find
That I am not alright
And I cry, and I cry, and I cry.

So I just sit in my room after hours with the moon
And think of who knows my name
Would you cry if I died
Would you remember my face?

Priscilla Ahn - Fine On The Outside 





mercoledì 19 agosto 2015

Lettera di una sconosciuta


Cara Sconosciuta,
ti scrivo questa lettera perché ho pensato che tu, protagonista assoluta di una delle lettere più lunghe della storia della letteratura epistolare, avresti particolarmente gradito questa forma sopra ogni altra: ho iniziato piena di aspettative Lettera di una sconosciuta di Stefan Zweig, quel piccolo libello che l'autore austriaco ti ha dedicato con tanto sentimento e passione, ma per quanto avrei voluto scriverti parole ben diverse da quelle che troverai nelle righe che seguiranno, non posso esimermi dal rivolgermi direttamente a te, a te che non ho mai conosciuto, per dirti quanto questo libro mi abbia fatta davvero arrabbiare.

martedì 11 agosto 2015

Florence



Ti giri e rigiri nel letto, il ventilatore puntato fisso su di te e le lenzuola nervosamente stropicciate, gettando ogni tanto lo sguardo fuori dalla finestra con la speranza che al rumore della ventola che gira possa sostituirsi quello della pioggia, scrosciante e arrabbiata per lavare i vetri cotti dal sole: è un agosto caldo, di quelli in cui ti delizi dell'azzurro del cielo ma poi maledici di aver dimenticato a casa il cappello, nelle lunghe camminate che ti lasciano sbirciare la città semiintorpidita dall'indolenza della stagione.

Così, con le giornate che si susseguivano tutte uguali e le cicale impegnate a sgolarsi giorno e notte per un pubblico ingrato, agosto mi ha spinta a cercare rifugio fra i libri lasciando un altro agosto a farmi compagnia, torrido anch'esso ma per ragioni che vanno ben oltre l'insofferenza alla calura estiva: pubblicato i primi di luglio da Baldini & Castoldi e fresco fresco di stampa, Florence di Stefania Auci inizia il suo cammino un'estate di 101 anni fa, l'Europa pronta a capovolgersi in seguito a una dichiarazione di Guerra attesa e temuta, in una Firenze che emerge dalla foto in bianco e nero sulla copertina con colori caldi e vividi e l'irrequietezza di una Nazione intera sulla spalle: in Francia si scavano le trincee e si fugge dalle campagne mentre in balia del dibattito fra interventisti e neutralisti l'Italia si chiede ancora se prendere posizione e partecipare al Conflitto, l'evento storico senza precedenti che le permetterebbe di completare la propria Unità (Trento e Trieste erano ancora in mano austriaca) e cercare nuove opportunità di ricchezza e prestigio.

mercoledì 5 agosto 2015

Poet's corner No. 25


It is late last night the dog was speaking of you;
the snipe was speaking of you in her deep marsh.
It is you are the lonely bird through the woods;
and that you may be without a mate until you find me.
You promised me, and you said a lie to me,
that you would be before me where the sheep are flocked;
I gave a whistle and three hundred cries to you,
and I found nothing there but a bleating lamb.
You promised me a thing that was hard for you,
a ship of gold under a silver mast;
twelve towns with a market in all of them,
and a fine white court by the side of the sea.
You promised me a thing that is not possible,
that you would give me gloves of the skin of a fish;
that you would give me shoes of the skin of a bird;
and a suit of the dearest silk in Ireland.
When I go by myself to the Well of Loneliness,
I sit down and I go through my trouble;
when I see the world and do not see my boy,
he that has an amber shade in his hair.
It was on that Sunday I gave my love to you;
the Sunday that is last before Easter Sunday
and myself on my knees reading the Passion;
and my two eyes giving love to you for ever.
My mother has said to me not to be talking with you today,
or tomorrow, or on the Sunday;
it was a bad time she took for telling me that;
it was shutting the door after the house was robbed.
My heart is as black as the blackness of the sloe,
or as the black coal that is on the smith's forge;
or as the sole of a shoe left in white halls;
it was you put that darkness over my life.
You have taken the east from me, you have taken the west from me;
you have taken what is before me and what is behind me;
you have taken the moon, you have taken the sun from me;
and my fear is great that you have taken God from me!

Donald Og
Lady Augusta Gregory


domenica 2 agosto 2015

Ex Machina



"I am become death, The Destroyer of Worlds."

Uomo contro macchina, carne contro circuiti, intelligenza contro intelligenza: può una creazione artificiale pensare e sentire come un essere umano al punto di farci dimenticare la sua fallibilità? L'argomento è tutt'altro che nuovo e strizzando l'occhio alla grande letteratura di fantascienza del Novecento il cinema l'ha sempre portato avanti con la giusta ironia, malinconia e tragicità, ma l'abilità nel mescolare gli ingredienti della formula in modo da dialogare col presente senza portare in sala pezzi vecchi e arrugginiti è l'unico metro davvero degno di nota, per valutare il lavoro di chi desideri andare ben oltre una calligrafica esposizione delle tre leggi della robotica di Asimov.

Nel caso di Ex Machina, debutto alla regia dello sceneggiatore veterano di Danny Boyle Alex Garland (28 giorni dopo, Sunshine, il bistrattatissimo The Beach), c'erano ben pochi dubbi che il risultato sarebbe stato degno di attenzione: stiamo parlando dell'uomo che ha adattato per il grande schermo quel capolavoro dimenticato che è Never Let Me Go di Mark Romanek, esempio eccellente di come la fantascienza "normale" possa colpire al cuore e straziarlo con una violenza ben maggiore di quella scatenata da un esercito di chiassose astronavi inferocite.