domenica 20 luglio 2014

game of thrones, season 3 - 4


"Valar Morghulis"

Nell'era che vede i libri per ragazzi più popolari e redditizi del momento arrivare sul grande schermo solo sotto forma di costosissimi Franchise, l'idea un tempo sperimentale di dividere un racconto in due diversi lungometraggi è diventata una carta troppo preziosa per non essere giocata con costanza: perché accontentarsi di una narrazione sfilacciata ed epurata di ogni suo momento di contorno per rientrare in un minutaggio ristretto quando è possibile dare ampio respiro alla storia riproducendo tutte le tappe che sembravano già imprescindibili su carta? Un investimento di tempo e denaro che sin da Harry Potter and The Deathly Hallows ha dato i suoi frutti, spingendo il pubblico ad affrontare pazientemente film di transizione dalla contenuta energia con la consapevolezza che l'azione, quella vera, verrà finalmente liberata nel secondo e attesissimo capitolo.

Mentre il cinema continua ad assecondare un meccanismo in grado di proiettarlo con sempre maggiore decisione nel mondo della serialità, il piccolo schermo ha accettato la sfida sottoponendo Game of Thrones, illustrissimo figlio della HBO, allo stesso tipo di trattamento: la posta in gioco, dinanzi a un esercito di spettatori messi alla prova da una narrazione a volte eccessivamente stiracchiata e ben lontana dagli argini di un'opera cinematografica era davvero molto alta, ma soltanto una serie la cui ricchezza resta al momento unica per numero di personaggi, storyline e varietà di location poteva sperare di riuscire a vincere la scommessa e andare oltre ogni aspettativa; dividere il terzo libro della saga delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco in due serie differenti ha richiesto una terza stagione preparatoria e spesso anticlimatica, ma inevitabilmente necessaria in vista di una quarto capitolo travolgente come pochi altri.

Se c'erano ancora dei dubbi su quali fossero i pilastri della Cosmogonia creata da G.R.R. Martin, le ultime due annate della serie li hanno senza dubbio risolti: reale o immaginario, il mondo resta un posto pericoloso e oscuro dove nessuno è al sicuro e chi lotta per il bene è destinato a pagare i suoi errori in modo straziante, violento ed efferato, senza neppure sapere se la giustizia busserà mai alla porta del nemico.

È inutile abbracciare un partito, tifare per qualcuno o lasciarsi affascinare dal carisma di chi avanza le sue pretese con onore, coraggio e nobili propositi, il Dio della Morte chiederà sempre il suo prezzo perché capriccioso, folle e insensibile, come lo Scrittore che arma il suo braccio e con sadismo non indifferente sacrifica alla progressione del racconto creature luminose e meritevoli: fuori il Re del Nord Robb Stark, falciato via da un sogno d'amore che non poteva trovare spazio nei vincoli di un'alleanza medievale, dentro Oberyn Martell, principe ispanico dal fascino irresistibile destinato a rimanere in campo solo per poco, anch'egli ucciso da un'indole appassionata e incapace di affrontare il gioco del trono con la giusta freddezza; neanche il tempo di gioire per la fine dell'odiosissimo Joffrey ed ecco legittimato il mostruoso Ramsay Bolton, figlio di vassalli traditori che col suo sadismo sembra destinato a regnare a lungo, portando gloria e prosperità alla casata dell'uomo scuoiato.

Quando anche Tywin Lannister, l'uomo più potente e apparentemente intoccabile dei Sette Regni, si congeda dal pubblico nel modo più umiliante che si possa concepire, il disegno è completo: la vecchia cavalleria muore e si fa da parte, Lord e Signori delle Casate spariscono con i loro ideali di cartapesta e Le Famiglie distruggono sé stesse, i Grandi Nomi finiscono rinnegati e cancellati sotto pseudonimi necessari per confondere il fato e sopravvivere, sporcandosi le mani ogni volta che l'occasione lo richieda.

Fra lunghe passeggiate per i viali di King's Landing, impervie scalate al freddo del Nord e marce inconcludenti, la terza stagione ha investito tutte le sue energie in losche trame e intrighi di potere, per alimentare il malcontento e svelare nel bene e nel male l'umanità nascosta in ogni singolo personaggio, tirare il freno e rallentare così che lo storico episodio 9 potesse raccogliere come sempre l'eredità della tragedia ad effetto; dinanzi ad una quarta stagione in grado di capovolgere del tutto la struttura classica del racconto investendo in una successione di colpi di scena sin dal secondo episodio, aver costretto la terza a prendere sulle spalle il ruolo di antefatto è stata una soluzione lungimirante.

Difficile scegliere un preferito fra i tanti caratteri che hanno avuto l'opportunità di fare sentire la propria voce lungo il cammino: con una rabbiosa arringa di ( non) difesa e un finale che l'ha visto per la prima volta sacrificare la ragione ai moti di un cuore spezzato e represso, il Tyrion di Peter Dinklage ha stregato l'Academy degli Emmy Awards confermandosi di fatto l'anima più affascinante e convincente dell'intero universo delle Cronache, ma anche la sua sposa Sansa Stark ha trovato la forza di raccogliere i cocci del suo sogno di sposa distrutto e reagire agli eventi smettendo di essere una mera spettatrice; deludono invece Jamie Lannister, profondamente cambiato ma ancora incapace di lasciarsi alle spalle l'attrazione malata per la sorella Cersei a dispetto del forte affetto per Tyrion, e Daenerys Targaryen, lanciata con fare trionfale nei suoi progetti di conquista alla fine della terza stagione e adesso improvvisamente bloccata in un ruolo da regina che sembra esserle meno confacente del previsto.

Con Jon Snow a presidiare un Nord minaccioso e pericoloso come mai prima, Bran Stark chiamato a raccogliere i frutti di una profezia che lo avvicina con sempre maggiore certezza all'atto finale della Saga e un'infinità di altre pedine sparse per le poco sicure strade di Westeros, a proiettarci verso il futuro è un'Arya Stark resa dura e inafferrabile dagli eventi terribili che hanno funestato la sua vita, ma pronta ad andare avanti e a mettersi in gioco riponendo le sue speranze in terra lontana e sconosciuta: salpiamo così, verso la magnetica città libera di Braavos, tracciando sulla mappa la nostra rotta attraverso l'immenso continente, inospitale e pur irresistibile, che Martin ha preparato per noi, scommettendo su una fame di nuove avventure che non è stata ancora placata e che forse non potrà esserlo mai.


4 commenti:

  1. Il finale di stagione mi ha un poco delusa, soprattutto rispetto ai precendenti. Mi è sembrato un po' insipido: troppe cose sono avvenute troppo rapidamente e quasi senza motivazioni...

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    1. a me è sembrato che tutte le storie convergessero finalmente verso una "provvisoria conclusione". Non ho letto i libri, so che Benioff e Weiss hanno fatto dei tagli importanti ma non ho sofferto mancanze particolari anzi ;)

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  2. Soprattutto verso il finale la serie inizia a cambiare più sensibilmente rispetto ai romanzi, ed in particolare manca IL cliffhanger che forse sarà invece la sorpresona di inizio della prossima serie... non dico nulla :D

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    1. siccome amo spoilerarmi in anticipo conosco il famoso colpo di scena :D non so se lo inseriranno, ma in ogni caso ho apprezzato il finale così come è stato realizzato ;)

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