mercoledì 31 dicembre 2014

Goodbye 2014! verso la top 10 e oltre

Salve a tutti amici capodannosi! pronti per affrontare il 2015? Come potete ben immaginare è tempo di top ten e quest'anno incredibile ma vero sono riuscita addirittura a mettere insieme una top 25! Ecco quindi a voi i 25 film che hanno segnato il mio 2014:

Ps: in fondo al post troverete anche le serie tv che ho avuto il piacere di seguire e scoprire in questa lunga annata, quelle che avrei voluto vedere e quelle che ho categoricamente evitato. Enjoy! E soprattutto, HAPPY NEW YEAR!

1)Her, Spike Jonze


2)Boyhood, Richard Linklater


3) The Wind Rises, Hayao Miyazaki


4) The Grand Budapest Hotel, Wes Anderson


5) Saving Mr Banks, John Lee Hancock


6)August: Osage County, John Wells


7)Il Giovane Favoloso, Mario Martone


8) Belle, Amma Asante


9) Interstellar, Christopher Nolan


10) Tracks, John Curran


11) Jimmy's Hall, Ken Loach


12) The Lego Movie, Phil Lord and Chris Miller


13) Gone Girl, David Fincher


14) Une Promesse, Patrice Leconte




16) The Boxtrolls, Graham Annable and Anthony Stacchi


17) The Wolf of Wall Street, Martin Scorsese


18) Twelve Years a Slave, Steve McQueen



20) How to Train your Dragon 2, Dean DeBlois


21)Captain America: The Winter Soldier, Anthony and Joe Russo


22) A Most Wanted Man, Anton Corbijn


23) Inside Llewyn Davis, Joel and Ethan Coen


24) Guardians of The Galaxy. James Gunn


25) Only Lovers Left Alive, Jim Jarmusch



Premio "ci ho provato fino all'ultimo a farti rientrare ma non sapevo dove metterti perchè mi sei piaciuto ma non così tanto"





-The Book Thief, Brian Percival
-La Belle e la Bête, Christophe Gans
-Magic in the moonlight, Woody Allen
-Dallas Buyers Club, Jean-Marc Vallée 

Premio "Sarebbe stato in classifica e in posizione altissima se non fosse uscito direttamente in DVD che a momenti dobbiamo pure ringraziarli della carità dimostrataci"

The Invisible Woman, Ralph Fiennes


Premio"Non sono in classifica perchè non li ho visti deal with it":

-Nightcrawler
-Mommy
-American Hustle
-Pride
-Torneranno i prati
-Jersey Boys
-Sils Maria

Premio speciale "Evento non cinematografico dell'anno ma assolutamente pertinente deal with it":

-Martin Freeman. Quello vero! In un teatro vero! In una Londra vera! In un Riccardo III vero!




















And Now, TV SERIES!


Come ogni anno non faremo nessuna classifica sul fronte seriale per mancanza di materia prima (perchè il tempo non è mai sufficiente per recuperare tutto e in ogni caso potendo scegliere preferisco vedere più film, lo sapevate già ma sapevatelo lo stesso); piuttosto, vi dirò in breve che cosa ho visto, che cosa vorrei vedere e che cosa non vedrò a breve per ragioni varie ed eventuali.

Sherlock: HE'S BACK! HE'S BACK! FUCK ALL THE OTHER THINGS HE'S BACK! Un grande ritorno, deciso a giocare con la nuova crescente popolarità della serie esplorando e sperimentando, ma mantenendo sempre e comunque l'immensità delle origini.
Peaky Blinders: il ritorno della famiglia Shelby si celebra in grande stile: sparatorie cazzutissime, interpretazioni maschili e femminili magistrali, TOM HARDY, il sempre verde accento finto Birminghamese.
Downton Abbey: il tempo del lutto è finito e la quinta serie dell'epopea familiare firmata da Julian Fellowes ha guadagnato ancora più smalto e classe. Also, bring on the GOODE.
Game of Thrones: la cosa più bella? Non aver letto una ceppa dei libri e potersi godere lo spettacolo in santa pace. Solo tre parole: TYRION, PETYR, OBERYN.
Black Mirror: uno splendido speciale di Natale in grado di farci sentire una schifezza era quello che ci voleva. Beware of technology, BEWARE OF HUMANITY.
Doctor Who: un nuovo Dottore è sempre un cambiamento epocale, ma Peter Capaldi é magnifico e la sua alchimia con Jenna Coleman PERFETTA. Una splendida ottava stagione, che ha saputo restituire vita ed equilibrio a una serie che negli ultimi tempi aveva un po' iniziato ad adagiarsi sugli allori.
Vikings: RAGNAR'S GOT THE POWER: un altro viaggio nelle suggestive tradizioni del popolo vichingo, visivamente straordinario e scritto dall'ottimo Michael Hirst, oltre che ben recitato da Travis Fimmel e dalla STUPENDA Katheryn Winnick.
Mr Selfridge: I love Shopping, ma quello di Selfridges non ha eguali: una serie che è andata migliorando di stagione in stagione, resa frizzante da script impeccabili e personaggi ben caratterizzati, uniti come in una grande famiglia Downton Abbey style, con menzione d'onore per il carismatico protagonista Jeremy Piven.
The Passing Bells: realizzata in occasione del Centenario dello Scoppio della Prima Guerra Mondiale, questa piccola miniserie si propone di raccontare con semplicità il percorso di Thomas e Michael, il primo Inglese e il Secondo Tedesco, impegnati a combattere da volontari sui diversi fronti della storia; trovare una miniserie capace di farti piangere dal minuto 2 e per ogni singola puntata non è una cosa che capita tutti i giorni.
Manhattan: scienza, etica, famiglia e segreti sono gli ingredienti di questa serie che quasi nessuno di voi ha guardato e che invece avreste dovuto guardare tutti. DROP THE BOMB!
Fargo: fa freddo e nevica parecchio nella serie ispirata all'omonimo film dei fratelli Coen. Personaggi spietati e disgustosi, humour nerissimo, poliziotti di buon cuore pronti a battersi fino alla fine, MARTIN FREEMAN e Billy Bob Thornton al TOP: qui non si amano particolarmente i Coen ma vi assicuro che Fargo funziona e colpisce parecchio, NO MATTER WHAT.
Outlander: Viaggio nel tempo, Scozia, Viaggio nel tempo, SCOZIA: se queste ragioni non dovessero essere sufficienti per recuperare Outlander, aggiungete anche una trattazione niente male di usi e costumi della Scozia del 18° secolo, un cattivo coi controbip e un bel manzo protagonista.
The Musketeers: prendete i personaggi dei romanzi di Dumas, rispettatene la psicologia e le caratteristiche e usatele per raccontare storie del tutto nuove fatte di cappa e spada, vivaci duetti e un cattivo cattivissimo come da tradizione. E allora EN GUARDE!

Devo recuperare assolutamente:
-la seconda serie di The Fall
-la terza serie di Ripper Street
-The Missing
-The Affair
-Halt and Catch Fire

Non recupererò a breve:
-True Detective: sorry, ne avete parlato talmente tanto come del capolavoro ultimo dei nostri tempi che mi è passata del tutto la voglia di vederlo. Un giorno lo vedrò, ma non è questo il giorno.
-The Leftovers: sorry, con le serie ansiogene dallo spunto irrisolvibile/forse si risolverà nel duemilamai/forse il finale sarà una delusione totale ho già dato con Lost. Ma voi divertitevi eh.

That's all folks, HAPPY NEW YEAR!




martedì 30 dicembre 2014

Doctor Who Christmas Special: Last Christmas



 "There's a horror movie called 'Alien'? That's offensive! No wonder everyone keeps invading you!"


Perchè festeggiamo il Natale? Perchè sentiamo il bisogno di riunirci coi nostri cari e trascorrere una giornata in allegria abbuffandoci e scartando pacchettini? Perchè ogni Natale potrebbe essere l'ultimo e viverlo fino in fondo è l'unico modo per tenere sempre vicina a noi una fragilissima fetta di felicità: una riflessione malinconica, che si inserisce nel christmas special di Doctor Who Last Christmas regalando momenti di grande commozione, in un episodio per lo più brillante e dall'intreccio complesso in puro stile Moffat.

Downton Abbey Christmas Special: A Moorland Holiday



È tempo di vacanze e non solo natalizie a Downton Abbey: dopo due Christmas Special ambientati fuori dal periodo delle feste si riprende finalmente la tradizione di portare l'albero di Natale nel grande salone della magione, ma non prima di aver trascorso un breve soggiorno nella residenza di caccia( per la gioia dei potteriani più vigili, le riprese si sono svolte a Alnwick Castle)di Lord Sinderby, indisponente neo suocero di Lady Rose.

lunedì 29 dicembre 2014

Original Soundtrack: dall'ost al film e ritorno II


Qual è la prima cosa che fate subito dopo aver visto un bel film? Discuterne coi compagni di visione è importante, prendere appunti nel caso ci fosse l'opportunità di scrivere una recensione è fondamentale, condividere un breve giudizio sui social network è ormai una prassi tanto sana (?) quanto imprescindibile,  ma per la sottoscritta c'è un'unica sana vecchia abitudine senza la quale l'esperienza cinematografica non potrebbe mai dirsi davvero conclusa: recuperare e ascoltare la colonna sonora del film, passare giorni e giorni immersa nell'atmosfera di una canzone o di un tema e prolungare il più possibile l'esperienza di visione è uno dei piccoli piaceri della vita a cui non potrei mai rinunciare.

Si dice che non si dovrebbe giudicare un libro dalla copertina, ma scegliere un film partendo dalla sua colonna sonora è interessante: inciampi per caso in un titolo mai sentito, lasci che sia l'orchestra a fare la miglior promozione possibile e ti convinci che quel film lì, pur con la sua chilometrica lista di riserve, merita comunque un tentativo.

Spesso e volentieri tutto finisce bene, altre volte tu e la musica decidete di restare amici a patto che il suo film non osi mostrare mai più la sua faccia in pubblico; avevo promesso che sarebbe diventata una rubrica fissa ed eccoci qui, con un'altra pagina musicocinematografica tutta da gustare dedicata ad alcuni titoli che ho magicamente scoperto (o riscoperto) dopo averne ascoltato la colonna sonora. Ready? Let's start The Music!


Tracks


Da I Diari della Motocicletta a Into The Wild, ho sempre avuto un debole per le pellicole di viaggio che cercano fra una splendida cartolina e l'altra di andare oltre e cambiarti dentro, lasciandoti un po' di amarezza per ogni traversata impossibile a lungo sognata e non ancora intrapresa.

Nel caso di Tracks, ultimo lavoro dello spesso fedifrago (leggi "regista specializzato in film sull'adulterio) John Curran, lo spunto è tanto autentico quanto inusuale: la decisione della venticinquenne australiana Robyn Davidson di attraversare il Deserto dell'Outback fino all'Oceano Indiano a piedi e con la sola compagnia del suo adorato cane e di quattro cammelli sarebbe stata uno spunto perfetto per una canonica storia di esplorazione e arricchimento, ma con buona pace dei libri di Chris McCandless e del quaderno d'appunti di Che Guevara Robyn si butta nella difficile e pericolosissima impresa senza sapere bene che cosa cercare, annaspando alla cieca contro una vita che la vede costantemente incapace di studiare o trovarsi un lavoro stabile; il bisogno di portare a termine qualcosa, unito alla speranza di poter approfittare della straordinaria circostanza per mettere finalmente a fuoco un'identità disorientata dalla morte della madre e dall'abbandono del padre, viene portato avanti con determinazione dalla ragazza, complice l'insofferenza verso i vezzi dei coetanei e il rifiuto per le squilibrate basi colonialiste che hanno fondato il suo Paese(siamo nel 1977), ma anche con una notevole dose d'incoscienza giovanile sintetizzata al meglio da quel purissimo "perchè no?" sbattuto in faccia a tutti coloro che le chiedono il perchè del suo viaggio. 

A scortare occasionalmente la "Signora dei Cammelli"(una Mia Wasikowska misantropa e antipatica quanto basta) troviamo un simpatico fotografo(Adam Driver), a differenza della protagonista devoto alla sua professione e sicuro del proprio posto nel mondo; presenza costante quasi quanto i panorami mozzafiato dell'Australia più arida, sacra e incontaminata è invece la colonna sonora di Gareth Edwards, poco incline a lasciare che la pellicola resti immersa nel silenzio della natura e parecchio insistente anche nei momenti di maggiore contemplazione: un onnipresenza che potrebbe sembrare fastidiosa, ma che come nel recente caso di Life of Pi riesce nonostante tutto ad accompagnare la protagonista nel suo peregrinare con notevoli picchi di grazia e suggestione, alternando melodie tribali e "afose" con ballate più intraprendenti, soffici e malinconiche, pronte a raccontare la solitudine come un ossimoro di pace e dolore racchiuso in poche, singole note sospese sulla tastiera del pianoforte o sulle corde del basso.



The Painted Veil


Secondo appuntamento di questo post con John Curran e perfettamente inserito nel filone "fedifrago" del regista (vedi sopra), The Painted Veil arriva nel 2006 per portare sul grande schermo l'omonimo romanzo di William Somerset Waughan e dare nuova vita ai personaggi di Kitty e Walter Fane, giovane compia sposatasi in tutta fretta più per onorare le convenzioni sociali che il vero amore, fiondatasi nel bel mezzo di un'epidemia di Colera nella Cina degli anni 20' un po' per cercare di rigenerare un rapporto incrinato dal tradimento di lei e un po' per puro e semplice desiderio di vendetta; vanesia, superficiale e del tutto estranea al suo cuore, Kitty ha il volto di porcellana di Naomi Watts, alle prese con l'ingrato compito di gestire il ruolo che fu di Greta Garbo nel 1934; al suo fianco, un Edward Norton dolce e affidabile ma altrettanto duro, distaccato e crudele una volta messo alle strette dal tradimento della moglie.

Abbattere il muro fra i due, eretto dalla menzogna e dall'incapacità di ascoltarsi e comprendersi davvero smettendo di farsi del male a vicenda richiederà sacrificio e sofferenza, ma la soglia dell'autodistruzione così insistentemente sfiorata domanderà il suo prezzo senza sconti lasciando dietro di sé una lunga scia di lacrime e rimpianti; arricchito oltre che dalle interpretazioni dei protagonisti anche dagli splendidi costumi e dai netti contrasti fra il sudore fetido e soffocante delle scene di povertà e malattia e il verde intensissimo dei fiumi e degli spazi aperti, quest'intenso melodramma all'antica non poteva che trarre beneficio dall'opera di Alexandre Desplat, all'epoca non ancora benedetto dalla fama internazionale ma già autore di diverse colonne sonore di pregio: intrisa di misteriose e mistiche atmosfere orientali, l'ost canta della Cina e dei suoi mille volti a partire dal tema di apertura "The Painted Veil", frenetico e vibrante come un'affollata giornata di mercato nel centro di Shanghai, ma triste e oscillante come i sentimenti iniziali dei due novelli sposi.

Non mancano pezzi classici riconoscibili e ben inseriti nel contesto dell'epoca (frequente l'uso dello Gnossienne n 1 di Erik Satie) ma a fare la differenza sono ancora pezzi originali dell'artista francese come lo straordinario "The Water Wheel", infinito, zampillante e fresco come l'acqua della fonte che fa simbolicamente rinascere l'amore fra Kitty e Walter, o l'angosciante e spettrale "Cholera", il minaccioso tema che accompagna l'incedere e il manifestarsi di un male mortale e spaventoso; ad oggi, ancora una delle migliori colonne sonore mai partorite dal genio di Desplat.



Belle


Se il 2014 verrà ricordato (dovunque tranne che in Italia, considerando il solito slittamento delle date di uscita che colpisce i titoli degli Oscar dalle nostre parti) come un anno luminosissimo per i film a sfondo matematico/scientifico (Interstellar, The Imitation Game, The Theory of Everything), non c'è dubbio che il 2013 abbia consacrato sé stesso al tema della Schiavitù; dai fasti delle premiazioni di Twelve Years a Slave al gustoso cut tarantiniano di Django Unchained e passando per la convenzionale e un po' esangue delusione di The Butler, c'è però un film che tutti o quasi hanno dimenticato di menzionare e che invece rientra perfettamente nella classifica: arrivato in punta di piedi nell'estate 2014, Belle non ha nulla da invidiare ai suoi prestigiosi colleghi, riuscendo a piegare le rigide regole del period drama alle esigenze di una storia vera incredibile e affascinante (rivelatasi, fra le altre cose, la vera ispirazione dietro a Mansfield Park di Jane Austen) e a raccontarla con sincerità e trasporto.

D'altronde, considerando gli standard del diciottesimo secolo la famiglia di Lord e Lady Mansfield (Tom Wilkinson e Emily Watson)non potrebbe essere più inusuale: non avendo figli propri e condividendo la grande dimora di Kenwood House (nell'odierno parco di Hampstead Heath, fuori Londra) solo con una parente nubile, i due hanno accettato non senza diverse riserve iniziali di allevare sotto la loro custodia le nipoti Elizabeth(Sarah Gadon), biondissima figlia di primo letto di un nobile che l'ha abbandonata senza alcuna dote, e Dido Elizabeth Belle(Gugu Mbatha-Raw), una mulatta nata dalla relazione fra una schiava di colore e un capitano della marina nipote di Lord Mansfield, che viene ambita dai pretendenti a ragione della ricchezza lasciatale dal padre e allo stesso tempo respinta per il colore della sua pelle. 
Pur potendo contare sull'affetto indiscusso dei genitori adottivi e della cugina Dido soffrirà immensamente per la sua singolare posizione, ma fra proposte di matrimonio insincere e crudeli attacchi razzisti, a fare la differenza sarà una causa giudiziaria contro una nave negriera e l'amore di un povero avvocato, determinato a cambiare il mondo come pochi altri fortunati nel suo tempo. 

Paradosso dopo paradosso, Belle (conosciuto in Italia come La Ragazza del Dipinto per il quadro, ancora appeso fino al secolo scorso a Kenwood, che vede raffigurate Dido ed Elizabeth come due eguali e senza alcuna sottomissione della prima alla seconda) affronta le ipocrisie dell'Inghilterra Georgiana con solida raffinatezza e non rinuncia a lasciarsi andare a un pianto liberatorio nelle scene di maggiore dolcezza e mai celato idealismo: in accordo alla firma inconfondibile della sua creatrice, la soundtrack di Rachel Portman preferisce come di consueto la limpidezza al virtuosismo, ma pochi artisti riescono a comporre arie in grado di ispirare tanta luce, speranza e rassicurazione come la cara vecchia Rachel.



The Emperor's New Clothes


Provate a googlare The Emperor's New Clothes( in Italia I Vestiti Nuovi dell'Imperatore) e non lo troverete, o almeno non senza aver prima dribblato fra mille difficoltà una serie infinita di titoli omonimi: diretta in tempi non sospetti dallo stesso Alan Taylor che oggi associamo con facilità alla Battaglia delle Acque Nere di Game of Thrones e a Thor - The Dark World, questa pacifica commedia del 2001 di ambientazione francese ma dal tocco molto british ( le riprese sono avvenute per lo più a Torino, giusto per completare il mash-up) immagina la fuga di Napoleone da Sant'Elena e il suo ritorno in Francia sotto mentite spoglie, nell'attesa di riorganizzare le truppe e riconquistare il potere.

Il piano andrà ovviamente a monte a causa di numerosi imprevisti, primo fra tutti un sosia scomodo e rozzo che si rifiuterà di recitare a dovere la sua parte a Sant'Elena per coprire l'Imperatore; in compenso, le circostanze avverse porteranno il nostro protagonista a fare i conti con i lati più oscuri della sua brama di potere e a mettere da parte l'orgoglio per amore di Pumpkin, una dolce venditrice di meloni stanca di vivere in solitudine.

Grazie a una sceneggiatura di ferro, al lavoro di un Ian Holm impeccabile alla sua terza volta in vesti imperiali e a un cast di volti all'epoca sconosciuti fra cinema e televisione(ci sono i giovanissimi Hugh Bonneville, Eddie Marsaan Russell Tovey), il film affronta la figura di Napoleone con la giusta dose di humour e leggerezza senza però dimenticare di attaccare con precisione il grande ego del Generale, tanto ingombrante e insaziabile da sfiorare la follia, e lo spreco di vite umane consumatosi in suo nome.

Che colonna sonora scegliere per accompagnare degnamente questo film? Il lavoro di Rachel Portman (hello again!) parte da una marcia trionfale per il decaduto Napoleone e prosegue col suo classico approccio fresco e malinconico fino a raggiungere la vetta nella buffa e adorabile marcetta che accompagna la giornata di lavoro di Pumpkin e degli altri fruttivendoli della zona, organizzati da Napoleone in tattici schieramenti per affrontare al meglio la loro personalissima battaglia.



The Wind Rises



Dicono che scoprire Miyazaky da bambini sia una fortuna e avendo seguito da piccola quella meraviglia di Conan Ragazzo del futuro non posso che concordare: dopo aver perso di vista per diversi anni il lavoro del Maestro, ho iniziato un recupero compulsivo in tempi recenti scoprendo però con mia grande sorpresa di preferire titoli "minori"(se minori si possono definire) come Laputa - Castello nel Cielo e Ponyo sulla scogliera a capolavori conclamati come La Città Incantata e il Castello Errante di Howl.

Pur conservando elementi surreali e favolistici, il lavoro che segna il congedo definitivo di Miyazaki dall'animazione è bel lontano dalle ambientazioni fantastiche che avevano caratterizzato il resto della sua produttiva e luminosa carriera: The Wind Rises (si alza il vento) parte dalla realtà per raccontare la storia vera di Jirō Horikoshi, ingegnere aeronautico che progettò diversi iconici velivoli usati dall'aviazione giapponese durante la Seconda Guerra Mondiale; uno spunto spinoso e scomodo, che il Maestro gestisce con tatto e destrezza ponendo l'accento sul desiderio di Jirō di realizzare il suo sogno di volare progettando meravigliosi aeroplani, al di là dell'uso bellico a cui questi vennero in fine destinati e compatibilmente con un progresso che solo l'avvento della Guerra ha reso tragicamente possibile.

Una storia che vola alto grazie alla poesia di Miyazaki, pronta a spendersi in una dichiarazione d'amore ricchissima di dettagli realistici (ho trovato straordinario che i protagonisti consumassero sigarette con naturalezza e senza problemi di politically correct) verso un Paese di magiche tradizioni e rigide gerarchie, ma altrettanto impegnata nella romantica visione di un' eterea fanciulla dai capelli blu che si fa spirito e simbolo di una vita degna di essere vissuta in ogni suo singolo istante.
Perchè si alza il vento e bisogna dunque vivere, assecondando la dolce meraviglia di un sogno d'acquerello che il film ci lascia afferrare anche grazie alla colonna sonora del fedele Joe Hisaishi: mandolini e pizzicati dal sapore tutto italiano( Jiro è un grande ammiratore dell' Ingegnere Giovanni Battista Caproni e condivide spesso con lui i suoi sogni) si uniscono all'orchestra restituendo un'atmosfera d'altri tempi che ricorda alcuni lavori di Nicola Piovani ed Ennio Morricone, senza rinunciare a motivi malinconici e dolci come il tema per la sposa immaginaria di Jirō, Nahoko.


giovedì 25 dicembre 2014

A very Downton (?) Christmas!



Merry Christmas Dear Downtonians...and don't forget the selfie!


If you are a true fan of the show, this will make you laugh quite a lot...



Happy Xmas!

martedì 23 dicembre 2014

The Hobbit: The Battle of The Five Armies


"Farewell, Master Burglar. Go back to your books, your fireplace. Plant your trees, watch them grow. If more of us valued home above gold, it would be a merrier world."


"What have we done?" si chiedeva Bilbo Baggins, mentre guardava impietrito il Drago dirigersi verso la cittadina di Pontelagolungo per portare morte e distruzione fra i suoi abitanti, nel secondo capitolo della Trilogia de Lo Hobbit The Desolation of Smaug: riparte esattamente da qui, come se non ci fosse stata alcuna interruzione, The Battle of Five Armies(in italiano, lo straniante "La Battaglia delle Cinque Armate), atto finale e definitivo non solo delle avventure giovanili dello Zio di Frodo ma anche dell'ormai vasta esalogia che Peter Jackson ha costruito intorno all'epica Tolkieniana e alla mitica Terra di Mezzo Neozelandese. 

domenica 21 dicembre 2014

Black Mirror: White Christmas




Il Christmas Special è una vera e propria tradizione per le serie UK, ma quando si è diffusa la notizia che Charlie Brooker avrebbe realizzato una puntata natalizia del suo Black Mirror sapevamo con certezza che l'appuntamento per le feste su channel 4 sarebbe stato tutt'altro che lieto.

Conoscendo il tocco efferato di Brooker e la sua spietata critica alla società malata di tecnologia e ai mostri che sta generando, una disamina sul consumismo natalizio e sull'ipocrisia delle feste era possibile, ma non probabile: il White Christmas che fornisce il titolo all'episodio rimane dunque una cornice funzionale, per portare la trama verso una direzione del tutto aliena alla coincidenza del periodo (senza però rinunciare all'opportunità di dissacrare regali, canzoni tradizionali e persino le collezionatissime snowglobe) e concentrarsi sulla degenerazione di un'umanità che ha trovato nella rete un universo alternativo dove uccidere, cancellare e distruggere sé stessa con una normalità che non suscita più scalpore o sdegno.

sabato 20 dicembre 2014

The Hunger Games: The Mockingjay - Part 1



"They'll either want to kill you, kiss you, or be you."

Chiudi il franchise, sdoppia il franchise: il mantra partito dai film di Harry Potter che ha contagiato a catena tutte le saghe per ragazzi e non solo ha colpito come previsto anche l'ultimo libro della serie di Hunger Games, diviso in due capitoli destinati l'uno a distanza di un anno dall'altro, con buona pace dell'attesa degli spettatori non lettori e degli stessi fan più accaniti dei romanzi: una serializzazione su larga scala che ormai domina il cinema contemporaneo e che abbiamo imparato ad accettare, mostrando un sorriso amaro addolcito solo dalla prospettiva di poter ritrovare in sala storie e personaggi in grado di accompagnarci a lungo e dai quali abbiamo grosse difficoltà a separarci, ma che mette a dura prova il valore intrinseco di una pellicola nata per contenere solo la prima metà del racconto che si appresta a portare sul grande schermo.

Non facendo il minimo sforzo per guarire la deriva della sua naturale incompiutezza, "The Mockingjay - Part 1"(Il Canto della Rivolta - Parte I) cade in pieno nella trappola consegnandoci uno spettacolo che nel proiettarsi con slancio sicuro verso il suo atteso prosieguo non riesce a caricarsi della giusta verve narrativa, ma il pugno allo stomaco procuratoci dalla distopia di Suzanne Collins resta forte abbastanza da sostenere il film e a tenere alta l'attenzione del suo pubblico senza invidiare poco o nulla alle stoccate più dolorose dei precedenti capitoli.